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Il latino nelle scuole | 49 |
reti, ed al laccio non ci prendan gli uomini!
E quelli pure, sciagurati, a ridere
del prudente consiglio della Rondine;
sì ch’ella, savia, si recò dagli uomini
in sicurezza e chiese di sospendere
alla grondaia delle case il nidio.
E gli altri sciocchi, che se la ridevano,
ne’ lacci fatti di quel lin perirono.
E via dicendo: potrete trovare altre favole, svecchiate forse, o fatte di nuovo che possono riferirsi a Druso e a Nerone, come quella del pipistrello e quella del topo e del ranocchio. E nei cinque libri di Fedro? La seconda del libro terzo, la Pantera e i Pastori, comincia a splendere di luce sinistra se noi imaginiamo che sia quasi il vaticinio di ciò che avrebbe fatto il più piccolo dei figli di Germanico, Caligola. Ma ingegnatevi da voi.
In questo terzo libro che si conclude col ricordo della celebre massima,
- Palam mutire plebeio piaculum est.
è la celebre favola del Cane e il Lupo, che ha per motto: Quam dulcis sit libertas! Il Lupo torna alle selve a sopportare la neve e la pioggia, piuttosto che soffrire, ben riparato e nutrito, il collare della schiavitù! Non c’è favola più viva e vera di questa. Voi ricordate, forse, come trattò questa favola il Lafontaine; e ricordate anche l’illustrazione, applicata ai casi umani, che ne fece il Dorè. Si tratta, mi pare, d’un ciamberlano paffuto, con la catena del suo grado al collo, che parla con non so più qual uomo di boschi....
Ne volete un’illustrazione migliore?