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tori: il dissidio tra l’età canuta e il cuore giovane. Come Solone già volle correggere il Ligyastade «cancella quel sessanta; solo a ottantanni mi colga la morte»; così Anacreonte diede conclusione diversa alle meste premesse di Mimnermo. Egli dice che Eros lo tempra nell’acqua, come un fabbro il ferro; e vuole intendere che lo rafforza, lo ringiovanisce. Delle due Κῆρες nere, egli teme più la morte:

Sono già brinati questi miei cernecchi: il capo è bianco:
la gentile giovinezza non c’è più: scrollano i denti:
della dolce vita molto tempo più non mi rimane.
E però sovente gemo, ch’ho del Tartaro paura:
oh! la stanza dell’Oscuro, come orrenda! grave andare
colaggiù, poi ch’è destino: chi giù venne, su non vada.

Così fiorì nell’Hellade la poesia del sentimento, la poesia soggettiva, in due secoli, dal settimo al quinto1. Dopo la morte di Alessandro, quando per i meravigliosi avvenimenti della epopea del Macedone, per la conquista al genio greco dell’Asia e del-

  1. E i poeti corali da Alcmane a Pindaro? Il poeta anche quando esprime dalla sua anima il miele più buono, intimo e segreto, sa che con quello dolcifica il genere umano. Perchè l’usignolo, pur cantando nella notte, canta così forte? Ma al poeta, che diede tante prove, cantando solo, di cantare per tutti e il canto di tutti, si chiede ancora che insegni l’inno cui gli altri inalzino, come in persona d’una schiera e d’un popolo. Ed egli lo insegna, l’inno che, pur materiato dell’anima sua, sembra emanare, ed emana veramente, tanto è tra la sua e quella di tutti il rapporto come d’eco a suono, dall’anima popolare. È poesia quindi soggettiva anche codesta dei cori, ed è simile alla monodica in ciò, sebbene nella forma sia molto diversa. Ma i Latini anche quando fecero poesia corale, predilessero le forme monodiche; e Orazio prende ad Alcaeo e Sappho i metri anche dove si trova con Pindaro per la natura e per l’uffizio del canto.