«Va’, Flor d’uliva, va’ con la cognata,
per medesine e benedizïoni:
foglie di nose e flori di pilatro, 20vesiche d’olmo e flori di sambuco.
Nell’acquastrino prendi le ramelle
del salcio d’acqua detto l’agnocasto».
Va Flor d’uliva, torna va ritorna,
ma lieta in cuore, chè vedrà domani, 25vedrà Bologna e le sue grandi torri;
e canta... E per le spalle a mo’ de l’onde scorrèn le longhe ciocche blonde...
Domani è il Santo delle innamorate.
Siedono su le panche6 le pulzelle. 30Son li amadori a’ loro piè col mento
sopra le mani, e i gomiti sull’aia.
Gli occhi guardano, palpitano i cuori:
palpitano le lucciole nel buio.
Parlano e dànno in lievi risa acute; 35fanno le rane prova di cantare.
Ma Flor d’uliva siede in terra e intreccia
le lunghe reste; ch’ella non ha drudo.
Le code intreccia, e mette, ad ogni volta
data alle code, un capo d’aglio nuovo; 40ma gode in cuore, chè vedrà le torri,