Pagina:Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu/222

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dalla povera bestia. Essa il barroccio
tirava, e aveva due cestoni indosso.
La stalla, dopo un giorno di fatica,
era ancor lungi, il barrocciaio urlava,
e segnava ciascuno Arri d’un colpo.
Il solco delle rote era profondo,
pieno di melma, e così stretto e duro
eh* ogni giro di rota era uno strappo.
L’asino s’avanzava rantolando
tra una nuvola d’urla e di percosse.
La strada era in pendìo: tutto il gran carro
pesava sopra il ciuco e lo spingeva.
Ed i fanciulli videro, e gridando
al lor compagno “Fermo con la pietra!„
dissero: “il carro passerà sul rospo:
c’è più gusto così„.
                                      Dunque, in attesa,
sgranavano gli allegri occhi i fanciulli.
Ecco, scendendo per la carreggiata,
dove il mostro attendea d’essere infranto,
l’asino vide il rospo; e tristo, curvo
sopra un più tristo, stracco, rotto, morto,
sembrò fiutarlo con la testa bassa.
Il forzato, il dannato, il torturato,
oh! fece grazia! Le sue forze spente
raccolse, e irrigidendo aspre le corde
sugli spellati muscoli, ed alzando
il grave basto, e resistendo ai colpi
del barrocciaio, trasse con un secco
scricchiolìo, fuori, e deviò la ruota,
lasciando vivo dietro lui quel gramo.
Poi riprese la via sotto il randello.
     Allor nel cielo azzurro dove un astro
già pullulava, intesero i fanciulli
Uno che disse: Siate buoni, o figli!