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DAL LATINO DI LEONE XIII


opello


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Cosa primissima, la pulizia! senza sfoggi apparecchia;
netti, che lustrino, i piatti, su bianca tovaglia, di neve.
Fatti servire de’ vini, nè poco intrugliati, nè punto;
e distraendoti al fine, carezza il tuo cuore col dolce
bere e ricrea, desinando con lieta corona d’amici;
ma da l’ebbrezza ti guarda, non troppo ti fida del vino,
nè ti rincresca sovente ne’ calici mescere l’acqua:
— l’acqua! non ebbero gli uomini un dono maggiore di questo,
nulla che sia per più cose diverse più utile in uno; —
scegliti i pani di fior di farina, non morti nel forno:
prenditi i cibi che dà la gallina, l’agnello ed il bove,
senza timore: le forze ti assodano questi nel corpo:
ma che sien frolle le carni, ma che le vivande non guasti
la pastinaca e la salsa di feccia di vino, e di pesci!
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Poi, prediligi le uova del giorno, o ti piaccia a leggiero
fuoco scaldarle, o mangiarle assodate ne’ brevi tegami,
o più gradito ti sia in un sorso succhiartele crude:
come che tu le mangi, son l’uova vivanda salubre.
Poi, qualche erbaggio e legumi novelli, sfioriti d’allora.
Poi, de la fertile vigna le dolci primizie, le dolci
pigne spiccate a la vite, di mezzo alle pampane; prugne,
pere, ma prima di tutte le mele mature, che bellamente
allogate in canestri coronino rosse la mensa.
Ultima venga la bruna bevanda di bacche tostate,
quella che Moka ti manda ferace da l’Arabo lido: