Pagina:Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu/64

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Filano tale destino gli dei pe’ mortali infelici:
vivere in mezzo al dolore: sol essi non hanno pensieri.
Stanno, nel fatto, due dogli lassù, nelle soglia di Giove,
pieni dei doni che fa: l’un di mali ed un altro di beni.
Cui mescolati ne dia l’alto Giove che il fulmine vibra,
ecco che un male gli accade, ma ecco che un bene gli tocca.
Cui solamente dei tristi ne dia, lo fa segno agli oltraggi;
lui per la lucida terra sospinge una fame da buoi,
mala, e s’aggira, davanti nè dei nè mortali in onore.
Come è di Pèleo: gli dei gli concessero splendidi doni
sin dalla nascita, chè sopra gli uomini tutti fioriva
d’oro e di beni: era re dei Mirmidoni, ed, uomo mortale,
un’immortale sortì, una dea, per compagna di letto.
Bene; ma il dio volle aggiungervi un male: e così nella casa
non discendenza gli nacque di figli che regnino ancora.
Nacquegli un solo figliuolo, di fine immatura; nè io,
ora che invecchia, lo assisto, poichè dalla patria ben lungi,
tristo sott’Ilio qui sono e qui te coi tuoi figli contristo.
Vecchio, anche te: noi sappiamo che un tempo eri molto possente:
quanto in sè Lesbo, la sede di Màcare, a monte contiene,
quanto la Frigia, di sopra, ed il mare di Helle infinito,
vecchio, si dice che ricco tu eri di tanto; e di figli.
Ma dopochè questo male t’addussero i figli del cielo,
sempre tu hai torno torno città, le battaglie e le stragi.
Frenati, nè pertinace sia tanto in tuo cuore il lamento:
chè nessun utile avrai dal rimpiangere il figlio tuo prode,
nè lo farai rialzare, ma un nuovo malanno n’avrai„.