Pagina:Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu/92

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la preghiera al dio del mare

     Questo gli dissi, e colui al dio Posidaòne signore
fece preghiera, tendendo le mani allo spazio stellato.
“Odimi, Nume che reggi la terra, d’azzurri capelli:
se veramente son tuo, e se padre tu d’essermi vanti,
dà che Odisseo l’eversore di mura non torni alla casa,
figlio che è di Laerte, che in Itaca tiene sua casa.
Ma s’è destino per lui, che riveda i suoi cari e che torni
alla ben fatta sua casa, là nella sua terra natale,
tardi, in malora, v’arrivi, perdutili tutti, i compagni,
sopra una nave d’estrani, ed in casa ritrovi dolori!„
     Questo pregando diceva: ascoltavalo il dio chiomazzurro.
Quindi levato di nuovo un macigno, ma molto più grande,
lo roteò, lo scagliò, ma ponendoci immensa la spinta,
e non raggiunse che dietro la nave ch’azzurra ha la prora;
poco, non molto mancò che toccasse l’estremo timone.
L’onde del mare si fransero al piombar giù della pietra,
e ciò sospinse la nave, e per poco non giunse alla spiaggia.


il ritorno all’isola delle capre

Quando a quell’isola noi fummo giunti dov’erano l’altre
navi coperte di tolda, adunate; ed intorno i compagni
stavano a terra piangendo, attendendo il ritorno di noi
sempre; la nave arrivati tirammo colà tra la sabbia,
e ne scendemmo noi stessi sul grigio frangente del mare.
Poi dalla nave incavata le pecore, già del Ciclòpe,
ecco prendemmo, e mangiammo, che n’ebbe ciascuno sua parte.
Ma nel divider il branco, i compagni dai belli stinieri