Fortunato colui, che ben le ’ntende
Stava già per condur l’ordine sacro,
Come tu comandasti, il buon Nicandro,
Ma il ritenn’io per accidente nuovo
Nel Tempio occorso ed è ben tal, che mentre
Vò con quello accopiandolo, che quasi
In un medesmo tempo
E hoggi à te incontrato;
Un non sò che d’insolito, e confuso
Tra speranza e timor tutto m’ingombra,
Che non intendo, e quanto men l’intento
Tanto maggior concetto,
O buono, ò rio, ne prendo.
Mon.Quel che tu non intendi,
Troppo intend’io miseramente, e ’l provo.
Ma dimmi. à te, che puoi
Penetrar del destin gli alti segreti,
Cosa alcuna s’asconde? Tir. ò figlio, figlio.
Se volontario fosse
Del profetico lume il divin’uso,
Saria don di natura, e non del cielo.
Sento ben’io ne l’indigesta mente,
Che ’l ver m’asconde il fato,
E si riserba alto segreto in seno.
Questa sola cagione à te mi mosse
Vago d’intender meglio
Chi è colui, che s’è scoperto padre
(Se da Nicandro ho ben inteso il fatto)
Di quel garzon, ch’è destinato à morte.