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Pagina:Patria Esercito Re.djvu/112

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94 parte prima

“Il buon Rosales, giovane esuberante di vitalità, si lasciò andare in prima gioventù, a qualche scappata della quale ebbe poi a rammaricarsi. Io lo ebbi amico negli ultimi anni della sua vita, e ne conservo simpatica memoria; perchè era buono, sfortunato, e aveva avuto gran parte nella preparazione del risorgimento nazionale. Io lo incitavo anzi a scrivere le sue memorie, che sarebbero riuscite interessantissime. Ma egli non ne fece mai nulla. Molte delle sue rivelazioni io le annotai sui libri che trattano di quell’epoca; e, dopo la mia proxima finis, si potranno consultare all’Ambrosiana.„

Al signor Enrico Osnago, che oggi ha la bellezza di ottanta anni, noi ne auguriamo ancora molti di vita, facendo voti che quelle Memorie, che egli dice di voler testare all’Ambrosiana, si decida a pubblicarle in vita, nell’interesse specialmente della verità, e di una pagina di storia che ha ancora molte lacune.



Ma riprendiamo il filo che ci è scappato di mano, e torniamo al momento in cui Rosales, e i suoi amici Battaglia e Soncino, compagni di carcere, scoppiata la provvidenziale rivoluzione a Vienna, furono liberati.

Tornato in patria, il Rosales sente che il generale Durando trovasi alla testa delle truppe pontificie nelle provincie venete. Chi lo tiene più? Col cuore aperto a un fulgido raggio di speranza, eccolo unirsi a Cialdini, e insieme accorrere alla difesa di Vicenza, ove Durando eroicamente si batte. Caduta Vicenza, Gaspare torna a Milano, trascinantesi nei conati dell’agonia. Egli non perde la fede e, avutone l’incarico, vi organizza la Guardia Nazionale.

Capitolata Milano il 6 agosto, Gaspare, dal Piemonte vola nella terra Toscana. Giunto a Fosdinovo, assume il comando di un battaglione di volontari. Perocchè la febbre della resistenza infiammando gli animi, aumentava in quei giorni nel sangue dei patriotti, in proporzione della sventura che, fatale, batteva alle loro porte!

Caduto anche il Governo provvisorio della Toscana; andato a monte, per l’intervento dei francesi, il tentativo di entrare a Roma per Civitavecchia; il Rosales, perduta ogni speranza, si rifugiò per l’ultima volta a Andeer nella Svizzera, ed ivi rimase senza interruzione fino all’alba di libertà del 1859.

I sacrifici fatti per la causa italiana, i soccorsi prodigati ai compagni di fede, lo sprezzo dei pericoli, una modestia e un disinteressamento dei quali, purtroppo, non rimane più che la memoria, facevano di Gaspare Rosales un patriotta grande sotto qualunque aspetto lo si voglia considerare. Tutto alla patria egli diede; alla patria nulla mai chiese. Alieno da