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98 parte prima


Il comandante generale del III Dipartimento militare, il generale Cucchiari, lo chiese quale suo aiutante di campo l’11 maggio 1864. Presso di questi rimase fino all’ottobre del 1866; ma passato capitano il 5 gennaio 1868, chiese l’aspettativa per motivi di famiglia. L’8 giugno dello stesso anno si dimette, e torna alla quiete del suo Bernate, con quattro fascette di guerra, e, come abbiamo detto, decorato della medaglia ai valorosi.

Le armi in silenzio, e in seguito a un lutto domestico, lascia il reggimento, dopo avere aggiunto al suo stato di servizio militare l’assedio di Gaeta e due anni di brigantaggio. Tornato al proprio nido, svestita la divisa militare, finito col 1866 l’obbligo di servire come soldato la patria, sentì che un altro dovere lo attendeva, quello di servirla coll’opra del cittadino. Dotato di una mente eletta, bramoso di studio, appassionato bibliofilo, amava circondarsi di persone ch’egli riteneva molto a sè superiori. — Diverso in questo dalle anime piccine e invidiose, le quali preferiscono la compagnia dei mediocri, per poter dominarli, e non esser così obbligati ad arrossire, ad ogni piè sospinto, della propria ignoranza! — Ma sovra tutto teneva preziosa l’amicizia dell’abate Stoppani, gloria lombarda, con lui dedicandosi alle scoperte fossili nei monti che si specchiano dentro il cristallo del suo lago favorito.

Buon amministratore, nulla sfuggiva al suo occhio paterno; e nelle due famiglie, la sua e quella del Comune, era del pari amato e stimato. Per natura gioviale, pronto all’arguzia, osservatore profondo, ugualmente affabile con tutti, egli considerò sempre la vita quale un campo infinito di azioni utili e feconde, non una sterile occasione di semplice godimento.

Nobilissimo di stirpe, non diede importanza allo splendore del nome, se non in quanto lo possa onorare colui che lo porta. Marchese e Grande di Spagna, difficilmente ci si incontra in uomini più di lui popolari — popolari nel vero senso della parola, non ancora sfruttata a scopo settario — e fedele al motto del suo stemma, Virtus omnia vincit, egli non mirò, in ogni suo atto, che ad esercitare quella aristocrazia che sgorga soltanto da ogni più fulgida virtù apportatrice di bene.

Presago il Luigi, intuitivamente, della vicina sua fine, egli volle compiere un atto di buon patriota, e insieme un sacro dovere di figlio, raccogliendo in un volume le lettere che Giuseppe Mazzini scriveva al padre suo durante le vicende politiche del 1833-1837, e in altre epoche meno lontane.

È un prezioso volume edito dai Fratelli Bocca l’anno 1898, ricco dei ritratti dei due amici e cospiratori, e dedicato alla memoria del padre con queste parole:

“Alla santa memoria di mio padre Gaspare Ordogno di Rosales, che