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Pagina:Patria Esercito Re.djvu/145

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i cavalleggeri di monferrato 127

Dal maneggio si usciva indolenziti, scorticati, grondanti sudore.... Ma fu a quel modo che, dichiarata la guerra, anche noi al primo buttasella, si potè dire addio allo squadrone di Deposito, montare a cavallo, e partire coi vecchi!

Che giorni furono quelli!



Perchè bisogna sapere una cosa: al capitano Avogadro non andavano a sangue i volontari in generale, ma i volontari lombardi in particolare. Soldato fino nelle midolla, per esso dire volontario, era suppergiù come dire un fannullone, un disutile, un plandron.

Quel brav’uomo aveva ancora sullo stomaco alcuni fatti del ’48 e ’49, che secondo lui non tornavano a grande onore dei volontari. E poi certi tenenti, certi capitani nominati allora di primo acchito, non li aveva ancora mandati giù.... Ma più di tutto lo turbava la memoria dei brutti momenti passati un giorno a Milano da S. M. Carlo Alberto. Insomma, diciamola tal quale, egli non ci amava e, per di più, diffidava di noi!

Tanto vero che, appena egli ebbe assunto il comando dello squadrone di Deposito cui eravamo momentaneamente ascritti, volle ad ogni costo provarci, tastarci.... ma tastarci a modo suo.

Ci fece dunque vestire, armare e mettere in rango:

Guard’a voi!... — questo allora era il comando — Guard’a voi!... Dest-riga!... Fissi!

E noi, eccoci lì, immobili, colla testa alta; pieni di entusiasmo, di fede.... e di speranza.

— Che cosa ci dirà? — pensavamo; e il nostro cuore batteva, batteva... mai immaginando ciò ch’egli ci preparava.

Il capitano, piantatosi dinanzi a noi, e fissandoci a uno a uno negli occhi, tirò fuori dalla bottoniera della tunica un libriccino, dicendo:

— Attenti a questi due capitoli! — e sottolineando le due parole, lesse forte:

— Del furto.... della diserzione!!...

Quella fu la prima prova, ma che prova, mio Dio!