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232 parte prima

Avvenuto il concentramento, le colonne, colla cavalleria in testa, al gran trotto si mettono in moto, guidate dal generale Pianell. Arrivano sul ponte del Mincio.... Lo oltrepassano, per quanto bersagliato dalle artiglierie nemiche, e ancora — come se quelle non bastassero — dalle cannonate dei nostri!

E il Levi continua:

“Il nostro bravo e valoroso capitano di Villanova, dopo arringati i soldati, ordinata la carica, si spicca il primo in testa allo squadrone. Il nemico, mascherato dapprima, si fa vivo con una tempesta di proiettili. Arrivati a un certo punto, vedo cadermi a lato il mio sergente Ganz e il luogotenente conte Dal Verme; il quale, al cenno ch’io feci di fermarmi per soccorrerlo, mi ingiunse di tirar via.

Riformato lo squadrone più indietro, vediamo entrare nei ranghi due cavalli, privi di cavaliere, uno colla gualdrappa insanguinata.... È il cavallo del povero Camillo Dal Verme, l’altro del volontario Doria, napoletano.

Si ripete la carica contro i cacciatori per dar tempo al 5° Fanteria — colonnello conte Pasi — e al 32 — colonnello Charchidio — di entrare in azione. Si perdono parecchi altri uomini, ma si fa una retata di prigionieri....„

Dopo un’altra carica a vuoto, il Levi ha la fortuna di poter raccogliere e trasportare a Monzambano, stesi su due cacolets, a dorso di mulo, il luogotenente Dal Verme, il quale, come sappiamo, poco dopo spirò, e il sergente Ganz, che, assistito dal furiere, potè poi essere trasportato all’ospedale.

E qui, dopo un inno al suo capitano, il Levi esclama:

“— Viene l’ordine di ritirata per la Divisione!... Ma perchè?.... Non fummo vincitori?....„

Se non che a questa esclamazione, a cotesta domanda naturale, per quanto ingenua, che molti allora si fecero, risponde nella sua essenza lo stesso generale conte Giuseppe Pianell, il quale scriveva, da Volta, alla egregia donna che gli fu compagna nella vita, la contessa Eleonora Ludolf, il giorno 26 di giugno — cioè due giorni dopo la battaglia del 24 — questa lettera:

Dilettissima amica mia,

Grazie alla Misericordia Divina, sto bene, o almeno meglio, non ostante disagi incredibili. Non ho tempo di scrivere, ma ho voluto darti questa assicurazione.

L’anniversario di S. Martino è stato sanguinosissimo e sventurato per l’Esercito e per il per il paese: colpa di imprudenza, assoluta, incon-