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re umberto al chievo 307

una lettera in mano. La mostra da lontano a S. M. — e tace. Il Re lo guarda un po’ sorpreso, e chiede:

— Che cosa c’è?

— Una lettera del parroco....

— Che non viene!.... — interrompe subito S. M., continuando a leggere i manifesti — Già.... siamo alle solite! — e si voltò da un’altra parte un po’ seccato.

Perocchè nessuno aveva supposto, nemmeno il Re, quale fosse la vera causa del rifiuto. Quando seppe, più tardi, la ragione, fissò i suoi grandi occhi in faccia a Peruzzi, dicendogli fra il dolce e il brusco:

— Venerdì!.... Giorno di magro!... Uhm! bisognava pensarci!

E S. M. ci pensò dieci anni dopo; quando, tornato al Chievo per le grandi manovre del 1897, trovandosi sottoposto alla operazione mattiniera del fido barbiere, rivide sventolare sul campanile, una a Nord e una a Sud, le due note bandiere di allora — un po’ più stinte dal tempo e dalla pioggia, ma lietamente mosse dal vento e illuminate dal sole.

Al posto del buon Peruzzi c’era stavolta un pezzo più grosso, anche moralmente; c’era il Gran Maestro delle Cerimonie, il bel colonnello di un tempo, ora prefetto di palazzo, conte Cesare Gianotti. Questi non ignorava la topica del venerdì, fatta dal cerimoniere del 1887, e ne aveva riso.

— Inviti il parroco a pranzo! — aveva detto anche a lui S. M. il Re, nell’uscire per montare a cavallo — Ma.... occhio ai venerdì!

E il parroco fu subito invitato.... E, neanche a farlo apposta, quel giorno era un altro venerdì!....

Per buona sorte, e per fortuna del Gianotti — il quale certo doveva saperlo — la curia vescovile aveva questa volta messe, come si suol dire, le mani avanti, accordando la dispensa del magro, non solamente al parroco ma a tutto il paese, durante il soggiorno reale al Chievo.

Misura, come si vede, previdente e opportuna; presa, non tanto per usare riguardo all’invasore di Roma, quanto per non far cadere in peccato mortale tutta quella buona popolazione, cui ogni giorno — nel 1887, e nel 1897 — fosse pure di venerdì, pioveva abbondante dalle mense e dalle cucine Reali una vera manna celestiale.