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dieci anni dopo 363

Rossa, si era impegnata vivissima la lotta fra il 29 fanteria, comandato dal colonnello Dezza, e la Brigata Weimar; la quale tendeva a precludere la ritirata ai nostri, stringendoli da presso, e minacciando lo stendardo, disperatamente difeso.

Visto il momento brusco, il bravo colonnello Dezza — morto or sono pochi anni tenente generale comandandante un Corpo d’Armata — ordinò alla poca cavalleria che aveva sotto mano — le Guide — di affrontare il nemico e impedirgli ad ogni costo l’avanzata.

Figuratevi se Bernezzo, comandante quei tre plotoni, se lo faceva dire due volte? Per lui, e per i suoi, quell’ordine era meglio che un invito a nozze. Lo afferrò al volo, e si precipitò alla testa dello squadrone, caricando a fondo in ordine spiegato, contro le forze austriache.

Venuto a urtare contro il quarto battaglione del reggimento Baumgarten, rimase ferito, e cadde da cavallo. Gli austriaci gli furono sopra per finirlo; ma egli, rizzatosi rapidamente, con un supremo sforzo si avventò contro le loro baionette. Sforzo inutile!... Bernezzo nuovamente atterrato a calci di fucile, ricadde con un braccio rotto, il sinistro, e la spalla lussata; mentre vicino a lui cadeva fulminato da una palla in testa il suo giovane sottotenente Van-den-Hoeuven.

Furono più di trenta i cavalieri che bagnarono del loro buon sangue quelle terre, tre volte cruenti. Ma lo stendardo del 29 reggimento fu salvo!

Era, come si vede, destinato che il reggimento Guide, corpo creato specialmente pel servizio d’informazioni e trasmissione d’ordini, dovesse il 24 giugno prendere gloriosamente il posto di alcuni reggimenti di cavalleria, rimasti per la maggior parte inoperosi, non certo per causa dei loro bravi colonnelli, ma per l’ignavia di chi ne aveva il supremo comando.

Così che la brillante carica del terzo squadrone Guide, comandato dal marchese di Bernezzo, si può appaiare con quella del primo squadrone dello stesso reggimento, comandato da un altro marchese, Fernando Scarampi di Villanova — il biondo capitano del quale abbiamo altrove parlato.

Il lettore rammenterà che fu, pur troppo in quella carica, che cadde moribondo il milanese conte Camillo Dal Verme; la celeste divisa del quale è conservata fra le reliquie sacre della patria nelle sale del Museo del Risorgimento in Milano, dentro una vetrina che la ripara e dagli insulti del tempo, e da quelli ancor più dolorosi, dell’oblio.

Tempo e oblio, i due eterni alleati nella ingratitudine!

Quelle due cariche — anche pel terreno su cui vennero compiute — ricordano l’altra famosa di Genova Cavalleria, avvenuta nel 1848 a