Pagina:Patria Esercito Re.djvu/58

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40 parte prima

Ma la fiera rassegna continua. Alle schiere passate, ne seguono altre.... e altre ancora; e fra queste, un’ultima, molto dalle prime diversa nelle vesti, nelle armi, nell’andare. Questa incede piena di baldanza giovanile al patriottico canto: Fratelli d’Italia.

Chi sono codesti intrepidi?... Voi lo indovinate.

Sono i volontari delle cento città d’Italia, sprezzatori ieri del capestro, sfidatori oggi del piombo straniero, accorsi a combattere per la indipendenza della natia loro terra. Essi sfilano allegramente, sventolando lo stendardo dei Tre Colori, al grido di vincere o morire!

Al loro passaggio il Re sabaudo china il capo commosso, come assalito da un subitaneo cruccio profondo.



Dopo i volontari, ecco sfilare al galoppo i dragoni di Nizza, Piemonte, Genova e Savoia; le coccie dei loro elmi romani scintillano intermittenti al tremolare degli astri. I piemontesi, i toscani, i lombardi cavalieri, passano davanti al Re come stormo di rondini.

Finalmente, un rumore sordo come di terremoto, annunzia che la rassegna sta per finire. Sono i cannonieri che giungono guidati dal Duca di Genova, il padre della futura Regina d’Italia; colui, cui morte immatura cogliendo nel proprio letto, faceva amaramente rimpiangere una fine più gloriosa, sui campi di Staffalo e di Volta.

Passano anch’essi al galoppo.

Quando il secondogenito del Re, bello e forte sul suo destriero, sfila davanti al padre, e i loro occhi s’incontrano, brilla una lagrima, indarno repressa, in quelli di Carlo Alberto.

Ma già sorge l’alba. Le stelle impallidiscono. Cavalli e cavalieri vanno via via svestendosi delle loro carni; e, tornati scheletri, svaniscono in lunghe righe per l’aria, nell’incerto crepuscolo.