Pagina:Pavese - Poesie edite e inedite.djvu/232

Da Wikisource.


oppure:

Eravamo a Torino. Finita la guerra
un parente mi scrisse che avendo io vent’anni,
era bello tornassi un’estate a vedere i parenti.
Io da tempo pensavo ai miei alberi altissimi
ritti e immobili in vetta a colline nel mezzo dei campi
e ai ritani profondi tra i vigneti.
Il parente mi accolse con vino e parole,
mi condusse un po’ in giro e mi disse di botto
Sai che è tornato Silvio: Eccolo là!
Sul mercato era un uomo vestito di bianco
pancia e testa rotonde, un gigante solenne,
che camminava lento tra la folla.

Il quanto tempo è trascorso del 2° verso della 4a lassa, è nei primi passaggi molto tempo è trascorso e la guerra. La guerra ritorna spesso in queste varianti: La guerra che ci ha chiuso il cuore a tutti; La guerra che ci ha chiusi per tanti anni; La guerra mi ha ridato mio cugino; La guerra è lontana. A un certo punto il cugino diventa tenente di alpini e poi gigantesco, un alpino.

Una variante che si situa al posto degli ultimi due versi della 4* lassa viene mantenuta attraverso varie stesure:

Ma son stato sincero. Ogni cosa piú triste
l’ho esasperata fino a aver da ridere
piangendo, di me stesso, fino al fondo.
Ora tutto è lontano. La forza tranquilla
del cugino fraterno mi pulsa nel sangue.

Il cugino fraterno è poi corretto in mio primo compagno.

È solo dopo la 4a lassa, che P. ha chiaro in mente lo svolgimento della poesia, come provano questi appunti, scritti proprio a questo punto della prima minuta: È tornato una sera finita la guerra — mio cugino — Si vide a contrattare — Se li mangia — No, guadagnò, — commerci. Qualche notte gli scappa — parole — Pescare — Mari — Balene.

Alla 5a lassa, 6° verso, una faccia recisa era, nelle copie manoscritte e dattiloscritte, una faccia decisa. Cominciamo a trovare recisa nell’edizione Solaria. Per una correzione d’A. che non ci è arrivata o per un errore di stampa? Comunque, anche nel caso di un errore, P. non lo corresse nella seconda edizione.

Il vento al 2° verso della 6a lassa richiama dapprima un ricordo esotico:

Mio cugino si ferma d’un tratto e si volge: «’Sto vento
pare quello, mi dice, che soffia sul grande deserto
che c’è in mezzo all’Australia, soltanto è piú fresco».

E il richiamo del vento che segue all’8° verso era preceduto da altri due versi:

Io pensavo in quel mentre al sibilare
del vento sopra i pascoli d’Australia

.

Sempre nella 6a lassa, alla chiusa, P. tenta una definizione della forza del cugino:

Mio cugino ha sofferto nel mondo la fame e la morte
e forse è questo che gli ha fatto gli occhi cosí solitari,
cosí liberi e calmi.

228