Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/120

Da Wikisource.

in mente il piatto spesso dove mangiavo. Erano quasi tutte scalze, e sotto la tavola pestavo dei piedi, ma loro non sentivano il male. Da mangiare ce ne dava una nonna ch’era la madre di tutte e di Talino e girava a riempire le scodelle dei nipoti, e le dicevano: — Sedetevi, Ma’, — perché chinandosi gemeva e aveva sempre qualcuno nelle gambe. Pareva impossibile, a vedere le figlie, che le fosse uscita di dosso tanta roba. Faceva spavento pensare che schiena e che gambe doveva aver avuto da sposa, e adesso com’era ammuffita. Il vecchio Vinverra, cappellina in testa, ci guardava tutti sopra il cucchiaio, e sorbiva.

Si alza un’altra ragazza dal fondo e dice: — Accendiamo il petrolio — . La vecchia borbotta di no perché tira le mosche. — Tanto ci sono, — gridano le altre, e portano la lampada e io metto il cerino. Alla luce quelle facce diventano come ai bagni di mare, piú cotte e piú larghe. Quella che aveva acceso si toglie il fazzoletto e si tocca i capelli; non l’avevo guardata prima, somigliava a Talino ma solo un’idea: era la meno manza e la meno nera, e si aggiustava i capelli di nascosto.

Tutti parlavano di quel Berto di Bra, e che anch’io mi chiamavo Berto e del mestiere che faceva, e dice il vecchio: — Tua sorella ha spaccato la vanga che mi aveva venduto per ferro.

Un bel momento Talino si drizza e viene dietro alla ragazza che mi guardava, e le ficca una mano nel collo e lei fa un salto e tutti ridevano. Talino le aveva cacciato qualcosa sulla faccia e fregava, e la ragazza sputava, e Talino diceva: — Col peperone sul bocchino... come si fa a Torino — ; finché la ragazza non si fu liberata e scappò per la scala.

— Ben fatto, — dice il vecchio Vinverra. Le altre ridevano: — Gisella, Gisella, — e la vecchia malediva dal buio.

Stiamo attenti, non siamo piú a Torino, dico tra me in quel caldo. Questo qui con la scusa che è stupido, mi fa incornare da un bue alla prima occasione, se non gli lascio le sorelle per lui. Ma a buon conto si chiama Gisella.

Le altre due si chiamavano Pina e l’Adele, ma l’Adele era quella che ci aveva portato da bere col secchio, e aveva già fatto i suoi bambini e sembrava la madre di tutta la casa. Dava l’aria a Talino anche come guardava; e io, che avevo visto Talino là dentro fare il bagno, mi figuravo che pelle e che sudore dovevano averci tutte sotto la camicia.


116