Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/193

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un vecchio che mi fissa, mi aspetta fuori, ho paura — . L’altro non ci credeva. — Sarà tuo nonno. — Stupido. — Allora balliamo. — No perché ho paura — . Ginia, a metà del giro, sentiva quell’altro gridare: — Sei una maleducata, una strega, vatti a nascondere. Torna in fabbrica! — Allora Rosa rideva e faceva ridere gli altri, ma Ginia, continuando a ballare, pensava che era proprio la fabbrica che riduceva cosí una ragazza. E del resto bastava guardare i meccanici, che anche loro cominciavano la conoscenza facendo questi scherzi.

Se nella compagnia ce n’era qualcuno, si poteva star certi che prima di notte una ragazza si arrabbiava o, se era piú scema, piangeva. Prendevano in giro come Rosa. Volevano sempre portarle nei prati. Con loro non si poteva discorrere e bisognava stare subito sulla difesa. Ma avevano di bello che certe sere si cantava, e cantavano bene, specialmente se veniva Ferruccio, con la chitarra, uno alto, biondo, che era sempre disoccupato ma aveva ancora le dita nere e fiaccate dal carbone. Pareva impossibile che quelle mani grosse fossero cosí brave, e Ginia che se le era sentite una volta sotto l’ascella mentre tornavano tutti insieme dalla collina, stava attenta a non guardarle mentre suonavano. Rosa le aveva detto che quel Ferruccio si era informato di lei due o tre volte, e Ginia aveva risposto: — Digli che prima si faccia le unghie — . La volta dopo s’aspettava che Ferruccio ridesse, e invece Ferruccio neanche l’aveva guardata.

Ma venne il giorno che Ginia uscí dall’atelier aggiustandosi il cappello con le due mani, e trovò sul portone proprio Rosa che le saltò incontro. — Cosa c’è? — Sono scappata dalla fabbrica — . Fecero insieme il marciapiede fino al tram, e Rosa non parlava piú. Ginia, seccata, non sapeva cosa dire. Fu quando scesero dal tram, vicino a casa, che Rosa brontolando disse piano che aveva paura di essere incinta. Ginia le diede della stupida e litigarono sull’angolo. Poi la cosa passò, perché Rosa si era messa in quello stato solamente per lo spavento, ma intanto Ginia fu piú agitata di lei, perché le pareva di essere stata truffata e lasciata a far la bambina mentre gli altri si divertivano, e proprio da Rosa poi che non aveva neanche un po’ di ambizione. «Io valgo di piú, — diceva Ginia, — a sedici anni è troppo presto. Peggio per lei se si vuole sprecare». Diceva cosí ma non poteva ripensarci senza umiliazione, perché l’idea che quelle altre senza mai dirlo fossero tutte passate


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