Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/230

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e, da rabbiosa che pareva, si fermò in mezzo alla stanza ridendo. Ma rideva male. Disse: — Non sapevamo ch’eri tu.

— Ah cenavate, — disse Ginia asciutta.

— Una cenetta intima, — disse Rodrigues. — Ma in tre sarà piú intima.

— Cercavi Guido, — disse Amelia.

— Passavo un momento, ma Rosa mi aspetta. È già tardi.

Amelia le gridò: — Férmati, scema, — ma Ginia disse: — Non sono una scema, — e scappò giú dalla scala.

Credeva di esser sola quando svoltò all’angolo, ma si sentí correre dietro a passetti precipitati. Era Amelia, senza cappello. — Perché vai via? non avrai creduto a Rodrigues?

Ginia senza fermarsi le disse: — Lasciami stare.

Passò diversi giorni con un batticuore come se scappasse ancora. Quando pensava a quei due, là nello studio, stringeva i pugni. A Guido non osava pensare, e non sapeva come fare per rivederlo. Era convinta di aver perduto anche lui.

«Sono una scema, — pensò Ginia finalmente, — perché scappo sempre? Non ho ancora imparato a star sola. Mi vengano a cercare, se mi vogliono».

Da quel giorno stette tranquilla e pensava a Guido senza commuoversi, e cominciò a fare attenzione a Severino che, quando gli dicevano qualcosa, prima di rispondere guardava in terra e non dava mai ragione a chi aveva parlato: piuttosto stava zitto. Non era poi stupido, per quanto fosse un uomo. Invece lei finora aveva fatto come Rosa. Si capisce che la gente la trattasse come trattava Rosa.

Non andò piú a cercare nessuno al cinema o alla sala. Si accontentò di camminare tutta sola per le strade e di andare qualche volta fino al centro. Era novembre, e certe sere prendeva il tram, scendeva ai portici, girava un momento e poi rincasava. Sperava sempre d’incontrare Guido, e tutti i soldati li guardava in faccia di sfuggita. Tanto per sapere, s’arrischiò una volta, col batticuore, davanti al caffè di Amelia e intravide molta gente ma lei no.

Le giornate passavano adagio, ma il freddo aiutava a starsene al chiuso, e Ginia in quella malinconia pensava che un’estate come l’ultima non l’avrebbe passata mai piú. «Ero un’altra donna, — pensava, — è impossibile che fossi cosí matta. Mi è andata bene per miracolo». Che un altr’anno sarebbe tornata l’estate, le pareva in-


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