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quello che a lei piaceva era il triangolo delle strade che le congiungevano attraversando tutta quanta la città. Il palazzo dello zio era un vecchio palazzo con affreschi e broccati, invetriato come un museo, che visto dalla strada faceva campo sul mare, e aveva grandi finestre impiombate. Da bambina, diceva Clelia, era un incubo entrare in quell’androne e trascorrere il pomeriggio nella penombra lugubre delle salette. Di là dal tetto c’era il mare, c’era l’aria, c’era la strada movimentata; a lei toccava aspettare che la mamma finisse di susurrare con la vecchia; e senza posa, martoriata dalla noia, levava gli occhi ai quadri bui, dove lampeggiavano dei baffi, dei cappelli cardinalizi, delle guance scolorite di pupattole senz’età.
— Vede come sono scema, — diceva Clelia, — allora che il palazzo era quasi nostro non potevo soffrirlo; adesso che siamo poveri e spiantati, darei per riaverlo.
Prima che Doro comparisse al balcone, Clelia mi disse ancora che sua madre non voleva che si fermasse nella bottega dove stava il papà, perché non era bello che una bambina come lei sentisse litigare dietro il banco e imparasse tante parole villane. Ma la bottega era piena di cose e aveva le vetrine scintillanti — gli stessi oggetti che riempivano il palazzo — e qui la gente andava e veniva e clelia era felice di vedere il babbo contento. Gli chiedeva sempre perché non vendevano anche i quadri e le lampade del palazzo, cosí non sarebbero piú andati in rovina. — Ho avuto l’infanzia giudiziosa, — mi spiegò sorridendo. — Mi svegliavo di notte col terrore che papà fosse diventato povero.
— Perché poi tanta paura?
Allora Clelia disse che in quegli anni era tutta impastata di paura. I primi pensieri d’amore li aveva fatti davanti a un quadro di san Sebastiano martire, un giovane nudo, tutto coagulato di sangue e scrostato, con le frecce piantate nel ventre. Gli occhi tristi e innamorati di quel santo la facevano vergognare di guardarlo, e per lei l’amore voleva dire quella scena.
— Perché poi le racconto questo, — disse.
Poco dopo comparve Doro sul balcone, intento ad asciugarsi il collo. Mi fece cenno e rientrò per scendere. Chiesi a Clelia se sull’amore aveva cambiato idea.
— Naturalmente, — mi disse.
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