Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/368

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brani disse: — Non la perdi, stai tranquillo — . C’era un bel sole e un freddo asciutto, che facevano cantare la strada. Cantavo anch’io sottovoce, e alla prima fermata pagai i caffè. Risalendo, andai dietro con Linda.

— Ci aspetta Carletto? — gli chiese.

— Puoi dirlo. È in bolletta.

Questo Carletto era un attore che un giorno aveva lavorato nel teatro dove Linda portava i costumi. Doveva essere giovane e simpatico e in gamba. Lubrani diceva: — Chi è troppo furbo, si fa fesso — . Io chiesi a Linda sottovoce: — Quanta gente conosci?

— Tanti, — mi disse, — io non perdo nessuno. Sono amica di tutti.

Stavo attento a non farle capire ch’era il viaggio piú lungo che avessi mai fatto. Chi avevo visto, conosciuto finora? In che posti ero stato? Certi giorni, a pensare quanta gente c’è a questo mondo, anche poveri diavoli che nessuno conosce, mi veniva una voglia di andarmene a spasso, di saltare sopra un treno, che quasi gridavo. Che chitarra, dicevo. Che sale e tabacchi. Far la vita di Amelio. La vita di tutti.

Sulle colline dopo Novi ci fermammo a sgranchirci. Stetti un poco nel sole, c’era un’aria piú libera. Anche le piante erano piccole e contorte, non ne avevo mai viste cosí. Linda mi chiese:

— Dove siamo?

Arrivammo affamati e contenti. Lubrani scese in un caffè a cercar Carletto. Era pieno di sole, di gente e di fumo. Chiesi a Linda che beveva il caffè: — Dov’è il porto? — Lei mi disse: — Sull’acqua.

Poi uscimmo a pranzare e m’accorsi che in fondo a una strada era vuoto, sembrava il cielo visto dietro una collina. Era quello un colore leggero. «Tanto basso?» pensai. Mi stupiva la gente che andava e veniva e nemmeno guardavano laggiú. «Com’è la gente, — mi dicevo, — non lo sanno di vivere a Genova».

Nell’osteria, un buco caldo in un vicolo, Linda tornò di buon umore. Mangiava di gusto e a me piaceva vederla mangiare. Con Lubrani cercarono non so che bocconi; il cameriere era un continuo corri e porta; sul piú bello arrivò quel Carletto.

Era gobbo, rideva tutto e gli demmo una sedia. Dagli occhietti e dal fare sembrava un ragazzo; ci disse «Questa chi è?» quando Linda gli tese la mano. Poi si conobbero, e il gobbetto non la finiva di toccarla.


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