Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/418

Da Wikisource.


— Come no? All’osteria c’è di tutto.

— Pablo è in gamba, — disse Carletto fermandosi. — Pablo sa dire, all’occasione, una parola. Bisogna convincerlo a venire con noi.

A me pareva tanto tempo che non vedevo piú Torino. Ascoltando quei due pensavo alla notte che avevamo passato bevendo e suonando, e nevicava, e la mattina ero uscito per andarmene via solo. Anche stavolta era notte, una notte di Roma.

Dissi: — E Giulianella? canta sempre?

Quelli parlavano di me e non mi risposero. Faceva ridere pensare che Carletto comandasse della gente. Lui decideva. — Domani ci sono le copie. Tu Fabrizio le porti a Trastevere. Tu Pablo vieni con me a fare il giro?

Il giro era andare a portare le stampe in un dato quartiere. — Tu Pablo che vivi a contatto con tanti. I muratori e i manovali che lavorano sul ponte sono quel che ci occorre. Uno sciopero edile, vuoi mettere?

— Ne sanno loro piú di me, — dissi. — Vengon dentro il negozio e mi fan loro propaganda. Sanno al centesimo quel che gli appalti hanno rubato.

— Questi dati vanno raccolti, — disse Luciano. — Dobbiamo farli sapere ai nostri amici.

Accettai l’indomani di andare nel giro. Uscimmo svelti a mezzodí perché la Bionda era in bottega. — Dove sono le stampe? — Carletto ghignando mi disse: — Ci sono — . Camminavamo discorrendo di sciocchezze. Poi saltammo sopra il tram che passava. Scendemmo dopo San Pietro. — Non avessi questa gobba, — diceva Carletto, — mi conoscono tutti — . Mentre andavamo, do un urtone a un militare. Quello si gira e attacca lite. Stavo già per rispondere ma Carletto mi ferma. — Tira via. Un’altra volta — . Ci ficcammo in quei vicoli allo sbocco del ponte. Sono buchi che sembran tante stalle. — Come a Genova, — dissi a Carletto. Lui non parlava e si cacciò dentro un portone. — Aspetta qui.

Era scuro e fetente là sotto, e Carletto scomparve. Dopo un minuto me lo vedo comparire dalla strada. Veniva adagio e sogghignava; ce ne andammo.

— E allora, — dico, — le posiamo queste stampe?

— Già fatto, — mi fa sottovoce, — torniamo nel centro.

«Tutto qui?» mi chiedevo guardandomi intorno. — E perché


414