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Stefano attendeva Giannino nell’osteria. Gaetano aveva detto sulla sigaretta: — Non lasciate nulla di aperto, ingegnere? — Poi avevano guardata la pioggia dalla soglia e Giannino era giunto con la barba imperlata. Tutta la strada s’oscurava e si sporcava; rigagnoli d’acqua denudavano i ciottoli, l’umidità giungeva alle ossa. L’estate era finita.

— Qui fa freddo, — disse Stefano. — Nevicherà st’inverno?

— Nevicherà sui monti, — disse Giannino.

— Qui non è l’Altitalia, — disse Gaetano. — Potrete aprire le finestre anche a Natale.

— Però adoperate il braciere. Che cos’è il braciere?

— Se ne servono le donne, — dissero Giannino e Gaetano. Continuò Giannino: — È un bacile di rame, pieno di cenere e di brace, che si sventola e si lascia nella stanza. Poi ci si mettono sopra e stanno calde. Scaccia l’umidità, — disse ridendo.

— Ma un confinato come voi non ne ha bisogno, — riprese Gaetano. — Li fate sempre i bagni?

— Se piove ancora, dovrò smettere.

— Ma qui c’è il sole anche d’inverno. Siamo come in Riviera.

Parlò di nuovo Giannino. — Basta muoversi un po’ e l’inverno non lo sentirete. Peccato che non siate cacciatore. Una passeggiata al mattino riscalda tutta la giornata.

— È la sera che mi ammazza, — disse Stefano; — la sera che sto a domicilio e non ho che fare. Quest’inverno dovrò rientrare alle sette. Non posso mica andare a letto a quell’ora.

Disse Gaetano: — Ci andreste, se voleste il braciere che usa tra uomini. Le sere d’inverno sono fatte per questo.

Uscirono, nell’ultima schiarita del crepuscolo, Stefano e Giannino, sullo stradale. — Diventa piccolo il paese, quando piove, — diceva Stefano. — Non si ha piú voglia di uscire dalle case — . I muri delle case erano sporchi e muschiosi, e le soglie di pietra e i battenti corrosi apparivano senza schermo, nella cruda umidità. La luce interiore che l’estate aveva espresso dalle case e dall’aria, era spenta.

— Com’è il mare, d’inverno? — disse Stefano.

— Acqua sporca. Scusate, scendo un momento dalla strada, a dire una parola. Venite anche voi?

Erano sul terrapieno, fermi davanti all’orizzonte immobile e vago, e sotto, a pochi passi, c’era la casa dei gerani.


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