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Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/57

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riggi d’agosto, un tempo ingenuo e infantile, di fronte alla fredda cautela che ormai ravvolgeva.

Disse a Giannino taciturno: — Quella bambina che è scappata...

— È la figlia di Concia, — disse Giannino senz’altro.

Naturale. Anche Giannino parlava con calma, e pensava a tutt’altro, fissando le case. Stefano prese a sorridere.

— Catalano, qualcosa non va?

Giannino non rispose subito. Negli occhi chiari non accadde nulla, se non che pensavano ad altro.

— Sciocchezze, — disse adagio.

— Sciocchezze, — disse Stefano.

Si lasciarono davanti all’osteria, nell’alone fragile del primo fanale, sulla strada deserta di bambini. Da qualche sera Stefano rientrava ch’era buio.

Nella stanza Stefano, davanti al letto rimboccato e nitido, pensò ai piedi scalzi di Concia che dovevano sporcare dappertutto dove entravano. Dopo un poco di pane, di olive e di fichi, spense la luce e, a cavalcioni della sedia, guardava il vano pallido dei vetri.

Un’umidità vaporosa riempiva il cortile, e l’argine della ferrata era scuro come se dietro non ci fosse una spiaggia. Tanti e tanti pensieri attendevano, che la sera consueta era breve. Nella stanza buia, Stefano fissava la porta.

S’accorse, dopo un poco, di fantasticare l’estate trascorsa, i pomeriggi di silenzio nella torrida stanza, la bava del vento, il fianco ruvido dell’anfora: quando era solo e il ronzio d’una mosca riempiva cielo e terra. Quel ricordo era cosí vivo, che Stefano non sapeva riscuotersi per costringersi a pensare alle cose che lo avevano scosso quel giorno; quando senti uno scricchiolio, e dietro il vetro comparve il viso scabro di Giannino.

— State al buio? — disse Giannino.

— Cosí per cambiare, — e Stefano richiuse.

Giannino non volle che accendesse la luce e si sedettero come prima. Anche Giannino accese una sigaretta.

— Siete solo, — disse.

— Pensavo che di tutta l’estate i momenti piú belli li ho passati qua dentro, solo come in un carcere. La sorte piú brutta diventa un piacere: basta sceglierla noi.

— Scherzi della memoria, — brontolò Giannino. Poggiò la gota


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