Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/127

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fildiferro, pareva vivo, colava sangue dalla bocca e dagli occhi, ragazzo di cera coronato di spine.

Chiesi al prete se i morti erano tutti di quelli del furgone. Il prete energico, sudato, mi guardò stravolto e mi disse non solo ma nelle case piú avanti era pieno di feriti. — Chi aveva attaccato?

Partigiani di lassú, mi disse, che li aspettavano da giorni. — Loro ne avevano impiccati quattro, — strillò una vecchia che piangeva e agitava un rosario.

— E questo è il frutto, — disse il prete. — Adesso avremo rappresaglie da selvaggi. Di qui all’alta valle del Belbo sarà un falò solo.

L’agguato era stato teso dietro due roccioni, che permettevano di defilarsi. Non uno dei neri s’era salvato. Con l’altro autocarro i partigiani avevano portato via i prigionieri, ma prima li avevano schierati contro un muro e minacciati: — Potremmo ammazzarvi come fate voialtri. Preferiamo lasciarvi alla vita e alla vostra vergogna.

La gente faceva fagotti e cacciava fuori le bestie. Nessuno avrebbe osato dormire alle Due Rocce. Qualcuno saliva al santuario, sperava nel luogo; qualche altro andava chi sa dove, pur d’andare. C’era tempo fino a notte avanzata, perché il ragazzo in bicicletta, che mi aveva gridato, correva a dare la notizia dei feriti al telefono, al posto di blocco, per salvare il salvabile. L’indomani quelle strade e stradette sarebbero state una rete di morte.

Il prete era corso in casa: un ferito moriva. Io rimasi tra i morti, senza osare scavalcarli. Guardavo il campanile lassú e sapevo che prima di domani non arrivavo a casa. Un istinto mi tirava all’indietro, alla strada già corsa, a mettere tra me e la tempesta il paese incolpevole, il Tinella, la strada ferrata. Laggiú c’era Otino che almeno poteva nascondermi. Se prima di notte ripassavo le stazioni tedesche, potevo aspettare con lui che la furia finisse.

Senza guardare un’altra volta al suolo, ripartii, passai davanti al villano dei buoi che aspettava a bocca aperta davanti al canneto, tirai dritto, e un’ora dopo salivo l’ultima collina, nel cielo già fresco, oltre la quale ci doveva esser la valle del Tinella. Rividi parte delle creste del mattino. I campanili, i casolari mi facevano senso; mi chiedevo se a casa sarei sempre vissuto in mezzo a simili spaventi. Intanto andavo per la strada, sempre teso alle svolte, agli


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