Vai al contenuto

Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/255

Da Wikisource.

tutto era travolto e gli amici sbucavano, irrompevano dalla scala, rivedevo le facce compite. Gabriella rientrò ultima, mentre il grammofono cominciava a raschiare.

Ero in piedi, quasi appoggiato a un davanzale, e avevo voglia di sparire, di scappare nei boschi. Pieretto, imperterrito, s’era già messo a chiacchierare nel gruppo. Nessuno ballava ancora. Il magro Cilli si divertiva tutto solo trangugiando i panini con grandi sussulti del pomo d’adamo. Oreste era di nuovo scomparso. Guardai Gabriella per lui. Stava dicendo una parola a Poli, e il giovanotto arruffato la tirava per il polso. Lei rideva e parlava e si lasciava trascinare. Era bella in quell’abito. Mi chiesi quanti di quegli uomini l’avevano toccata, quanti sapevano di lei come Oreste.

Le altre donne non mi piacquero. Erano tante Rosalbe. Abbandonate, bionde e brune, sulle poltrone, ridevano freddamente e scambiavano brindisi. La magra, inanellata e truccata piú di tutte, non s’era ancora mossa. Ascoltava il discorso degli uomini, con un piccolo viso innocente e corrotto. Sedeva, raggomitolata nel divano, sulle gambe raccolte.

Poi, d’un tratto, vidi tutti ballare. La voce di contralto cantava quel blues. Oreste mancava sempre. Gabriella era abbracciata con Dodo, che anche ballando non perdeva la sua calma. Mi parve evidente ch’era l’uomo per lei. Stempiato e sarcastico, le susurrava qualcosa e Gabriella gli rideva sulla guancia.

Traversai, per versarmi da bere. Trovai Pieretto che mangiava il ghiaccio. — Sei a piedi? — gli dissi.

Mi guardò tollerante.

Lo strano Cilli si accostò in mezzo alle coppie. Mi aspettavo uno scherzo — le boccacce o la voce del gallo. Invece ci tese la mano. — Felicissimo, — disse con voce fessa.

— Simpatico ambiente, — ammiccò.

— È la prima volta che viene qui? — chiese Pieretto.

— Non lo so bene dove siamo, — disse lui con quella voce. — Stavamo al circolo e si faceva un poker, sono passati gli amici a pigliata. Credevo si andasse al casino, poi ho visto Mara che mi ha detto: «Si va da Poli». E chi si ricorda piú di Poli? Mi hanno detto che è matto — . Strabuzzò gli occhi come un matto. — Com’è la serva? — bisbigliò. — Quella rossa... Potabile?

— Come l’acqua, — disse Pieretto.

— Cosa si dice di Poli a Milano? — gli chiesi.


251