Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/311

Da Wikisource.

della sala, gente faceva capolino, pochi — il pubblico che guardava gli artisti.

Ma la Nene s’accorse presto di me, e venne a chiedermi se avevo già visto i suoi lavori. Era allegra, eccitata, mi soffiò il fumo in faccia. Davvero le grosse labbra e la frangetta ne facevano una bambina. Mi portò davanti alle sue statue — dei piccoli nudi sformati che parevano di fango. Li guardai piegando il capo da una parte; pensai — non lo dissi — , che dal ventre della Nene potevano ben nascere figli cosí. Nene guardava me avidamente, a bocca aperta, come se fossi un bel giovane; io aspettavo che qualcuno parlasse, piegai il capo dall’altra parte. Febo, abbracciandoci tutt’e due alla vita, disse: — Qui siamo in cielo o sottoterra. Ci voleva una piccola donna come te Nene per mostrarci queste cose terribili...

Nacque una discussione, cui prese parte anche Momina. Non ci badai. Sono avvezza ai pittori. Guardavo la faccia della Nene, che seguiva accigliandosi o trasalendo le parole degli altri, come se tutto dipendesse da loro. Aveva davvero perduta la baldanza o anche questa era la sua parte? Il piú incredibile di tutti era Febo. Soltanto l’altro giorno diceva forca della Nene e dei suoi.

Parlavano di lei con buonumore, e lei faceva la bambina, la confusa. Già prima, quel gesto di mostrarmi le statuine mi aveva seccata. Non poteva lasciare che le vedessi da me? Ma la Nene coltivava una fama di ragazza maleducata e impulsiva. Forse aveva ragione. «Qui manca soltanto Mariella, — pensai. — Che cosa direbbe Becuccio di queste matte?»

All’idea di Becuccio mi scappò da ridere. Febo mi si voltò improvvisamente con buonumore, mi venne vicino e bisbigliò sulla guancia: — Lei Clelia è un tesoro. Lei li fa meglio i bambini, scommetto?

— Credevo dicesse sul serio prima, — gli risposi. — La piú sincera qui dentro è ancora la Nene...

— Quest’arte viscerale mi ha messo appetito, — bisbigliò lui. Ce le facciamo due salsicce?

Bevendo grappa e mangiando salsicce, si riparlò della montagna. Persino il vecchio pittore dalla barbetta era un competente alpinista. Combinarono una gita in quel rifugio, si distribuirono le parti, bisognava entro domani telefonare a destra e a sinistra.

— Andateci voi, — disse Momina. — Io non vengo al rifugio. Io e Clelia ci fermeremo per strada... Mai stata a Montalto?


307