Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/398

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quella terra, dare un senso a tutto il baccano sotto le stelle. Non voleva saperne. Strillava come fanno le donne, chiedeva di entrare in un altro locale. Per lasciarsi toccare — avevamo una stanza in un vicolo di Oakland — voleva essere sbronza.

Fu una di quelle notti che sentii raccontare di Nuto. Da un uomo che veniva da Bubbio. Lo capii dalla statura e dal passo, prima ancora che aprisse bocca. Portava un camion di legname e, mentre fuori gli facevano il pieno della benzina, lui mi chiese una birra.

— Sarebbe meglio una bottiglia, — dissi in dialetto, a labbra strette.

Gli risero gli occhi e mi guardò. Parlammo tutta la sera, fin che da fuori non sfiatarono il clacson. Nora, dalla cassa, tendeva l’orecchio, si agitava, ma Nora non era mai stata nell’Alessandrino e non capiva. Versai perfino al mio amico una tazza di whisky proibito. Mi raccontò che lui a casa aveva fatto il conducente, i paesi dove aveva girato, perché era venuto in America. — Ma se sapevo che si beve questa roba... Mica da dire, riscalda, ma un vino da pasto non c’è...

— Non c’è niente, — gli dissi, — è come la luna.

Nora, irritata, si aggiustava i capelli. Si girò sulla sedia e aprí la radio sui ballabili. Il mio amico strinse le spalle, si chinò e mi disse sul banco facendo cenno all’indietro con la mano: — A te queste donne ti piacciono?

Passai lo straccio sul banco. — Colpa nostra, — dissi. — Questo paese è casa loro.

Lui stette zitto ascoltando la radio. Io sentivo sotto la musica, uguale, la voce dei rospi. Nora, impettita, gli guardava la schiena con disprezzo.

— È come questa musichetta, — disse lui. — C’è confronto? Non sanno mica suonare...

E mi raccontò della gara di Nizza l’anno prima, quando erano venute le bande di tutti i paesi, da Cortemilia, da San Marzano, da Canelli, da Neive, e avevano suonato suonato, la gente non si muoveva piú, s’era dovuta rimandare la corsa dei cavalli, anche il parroco ascoltava i ballabili, bevevano soltanto per farcela, a mezzanotte suonavano ancora, e aveva vinto il Tiberio, la banda di Neive. Ma c’era stata discussione, fughe, bottiglie in testa, e secondo lui meritava il premio quel Nuto del Salto...


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