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È perché c’è un destino. Tu a Genova, in America, va’ a sapere, dovevi far qualcosa, capire qualcosa che ti sarebbe toccato.
— Proprio a me? Ma non c’era bisogno di andare fin là.
— Magari è qualcosa di bello, — disse Nuto, — non hai fatto i soldi? Magari non te ne sei neanche accorto. Ma a tutti succede qualcosa.
Parlava a testa bassa, la voce usciva storta contro la ringhiera. Fece scorrere i denti sulla ringhiera. Sembrava che giocasse. A un tratto alzò la testa. — Un giorno o l’altro ti racconto delle cose di qui, — disse. — A tutti qualcosa tocca. Vedi dei ragazzi, della gente che non è niente, non fanno nessun male, ma viene il giorno che anche loro...
Sentivo che faceva fatica. Trangugiò la saliva. Da quando ci eravamo rivisti non mi ero ancora abituato a considerarlo diverso da quel Nuto scavezzacollo e tanto in gamba che c’insegnava a tutti quanti e sapeva sempre dir la sua. Mai che mi ricordassi che adesso l’avevo raggiunto e che avevamo la stessa esperienza. Nemmeno mi sembrava cambiato; era soltanto un po’ piú spesso, un po’ meno fantastico, quella faccia da gatto era piú tranquilla e sorniona. Aspettai che si facesse coraggio e si levasse quel peso. Ho sempre visto che la gente, a lasciarle tempo, vuota il sacco.
Ma Nuto quella sera non vuotò il sacco. Cambiò discorso.
Disse: — Sentili, come saltano e come bestemmiano. Per farli venir a pregar la madonna il parroco bisogna che li lasci sfogare. E loro per potersi sfogare bisogna che accendano i lumi alla madonna. Chi dei due frega l’altro?
— Si fregano a turno, — dissi.
— No no, — disse Nuto, — la vince il parroco. Chi è che paga l’illuminazione, i mortaretti, il priorato e la musica? E chi se la ride l’indomani della festa? Dannati, si rompono la schiena per quattro palmi di terra, e poi se li fanno mangiare.
— Non dici che la spesa piú grossa tocca alle famiglie ambiziose?
— E le famiglie ambiziose dove prendono i soldi? Fan lavorare il servitore, la donnetta, il contadino. E la terra, dove l’han presa? Perché dov’esserci chi ne ha molta e chi niente?
— Cosa sei? comunista?
Nuto mi guardò tra storto e allegro. Lasciò che la banda si sfogasse, poi sbirciandomi sempre borbottò: — Siamo troppo ignoranti
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