Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/437

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miserabili del paese non andavano loro per il mondo, nell’anno della guerra era venuto il mondo a svegliarli. C’era stata gente di tutte le parti, meridionali, toscani, cittadini, studenti, sfollati, operai — perfino i tedeschi, perfino i fascisti eran serviti a qualcosa, avevano aperto gli occhi ai piú tonti, costretto tutti a mostrarsi per quello che erano, io di qua tu di là, tu per sfruttare il contadino, io perché abbiate un avvenire anche voi. E i renitenti, gli sbandati, avevano fatto vedere al governo dei signori che non basta la voglia per mettersi in guerra. Si capisce, in tutto quel quarantotto s’era fatto anche del male, s’era rubato e ammazzato senza motivo, ma mica tanti: sempre meno — disse Nuto — della gente che i prepotenti di prima hanno messo loro su una strada o fatto crepare. E poi? com’era andata? Si era smesso di stare all’erta, si era creduto agli alleati, si era creduto ai prepotenti di prima che adesso — passata la grandine — sbucavano fuori dalle cantine, dalle ville, dalle parrocchie, dai conventi. — E siamo a questo, — disse Nuto, — che un prete che se suona ancora le campane lo deve ai partigiani che gliele hanno salvate, fa la difesa della repubblica e di due spie della repubblica. Se anche fossero stati fucilati per niente, — disse, — toccava a lui fare la forca ai partigiani che sono morti come mosche per salvare il paese?

Mentre parlava, io mi vedevo Gamimella in faccia, che a quell’altezza sembrava piú grossa ancora, una collina come un pianeta, e di qui si distinguevano pianori, alberetti, stradine che non avevo mai visto. Un giorno, pensai, bisogna che saliamo lassú. Anche questo fa parte del mondo. Chiesi a Nuto; — Di partigiani ce ne stavano lassú?

— I partigiani sono stati dappertutto, — disse. — Gli hanno dato la caccia come alle bestie. Ne sono morti dappertutto. Un giorno sentivi sparare sul ponte, il giorno dopo erano di là da Bormida. E mai che chiudessero un occhio tranquilli, che una tana fosse sicura... Dappertutto le spie...

— E tu l’hai fatto il partigiano? ci sei stato?

Nuto trangugiò e scosse la testa. — Si è fatto tutti qualcosa. Troppo poco... ma c’era pericolo che una spia mandasse a bruciarti casa...

Studiavo di lassú la piana di Belbo, e i tigli, il cortile basso della Mora, quelle campagne — tutto impiccolito e stranito. Non l’avevo mai vista di lassú, cosí piccola.


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