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Quella sera fui felice e lo dissi a Cirino, a Nuto, all’Emilia, al cavallo: il sor Matteo mi aveva promesso cinquanta lire al mese, tutte per me. La Serafina mi chiese se volevo far banca da lei — a tenerle in tasca, le perdevo. Me lo chiese che c’era Nuto presente: Nuto si mise a fischiare e disse che è meglio quattro soldi in mano che un milione in banca. Poi l’Emilia cominciò a dire che voleva un regalo da me, e tutta la sera si parlò dei miei soldi.
Ma, come diceva Cirino, adesso che ero aggiustato mi toccava lavorare come un uomo. Io non ero cambiato per niente, stesse braccia, stessa schiena, mi dicevano sempre Anguilla, non capivo la differenza. Nuto mi consigliò di non prendermela; mi disse che probabilmente, se me ne davano cinquanta, lavoravo già per cento, e perché non mi compravo l’ocarina. — Non ci riesco a imparare a suonare, — gli dissi, — è inutile. Sono nato cosí. — Se è tanto facile, — lui disse. La mia idea era un’altra. Pensavo già che con quei soldi un bel giorno avrei potuto partire.
Invece i soldi dell’estate li sprecai tutti alla festa, al tirasegno, in sciocchezze, fu allora che mi comprai un coltello col fermaglio, quello che mi serví a far paura ai ragazzi di Canelli la sera che mi aspettavano sulla strada di Sant’Antonino. Se uno girava un po’ sovente per le piazze guardandosi intorno, a quei tempi finiva che l’aspettavano col fazzoletto legato intorno al pugno. E una volta, dicevano i vecchi, era stato ancora peggio — una volta si ammazzavano, si davano coltellate — , sulla strada di Camo c’era ancora la croce a uno strapiombo dove avevano fatto ribaltare un biroccino con due dentro. Ma adesso ci aveva pensato il governo con la politica a metterli tutti d’accordo: c’era stata l’epoca dei fascisti che picchiavano chi volevano, d’accordo coi carabinieri, e piú nessuno si muoveva. I vecchi dicevano che adesso era meglio.
Anche in questo, Nuto era piú in gamba di me. Lui già allora girava dappertutto e sapeva ragionare con tutti. Anche l’inverno che parlò con una ragazza di Sant’Anna e andava e veniva di notte, nessuno gli disse mai niente. Sarà che cominciava in quegli anni a suonare il clarino e che tutti conoscevano suo padre e che lui nelle gare del pallone non ci metteva mai becco, fatto sta che lo lasciavano girare e scherzare senza segnarselo. Lui a Canelli conosceva diversi, e già allora quando sentiva che volevano suonarle a qualcuno, gli dava degli ignoranti, degli scemi, gli diceva che lasciassero quel mestiere a chi era pagato per farlo. Li faceva vergognare. Gli
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