Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/484

Da Wikisource.

quanta, dai capelli alle unghie dei piedi, eppure mai che potessi dire «Ecco, è cambiata, c’è passato Matteo». Era la stessa — era Silvia.

Quella vendemmia fu per la Mora l’ultima allegria dell’anno. Ai Santi Irene si mise a letto, venne il dottore da Canelli, venne quello della Stazione — Irene aveva il tifo e ci moriva. Mandarono Santina in Alba con Silvia dai parenti, per salvarle dall’infezione. Silvia non voleva ma poi si rassegnò. Adesso correre toccò alla matrigna e all’Emilia. C’era una stufa sempre accesa nelle stanze di sopra, cambiavano Irene di letto due volte al giorno, lei straparlava, le facevano delle punture, perdeva i capelli. Noi andavamo e venivamo da Canelli per medicine. Fin che un giorno entrò una monaca in cortile; Cirino disse — Non arriva a Natale — ; e l’indomani c’era il prete.


480