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Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/503

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per terra. Ma non era per bersela. Versarono il vino, che friggeva ancora, in una scodella e lo fecero leccare a Laiolo ch’era nero come una mora, e quando lui ebbe sorbito gli piantarono quattro frustate col manico sulle gambe di dietro perché si svegliasse. Laiolo prese a sparar calci chinando la coda come un gatto. — Silenzio, — ci dissero, — vedrai che la bandiera è nostra.

In quel momento, sull’uscio arrivarono Silvia coi suoi giovanotti. — Se bevete già adesso, — disse uno grasso che rideva sempre, — invece dei cavalli correrete voi.

Il Bizzarro si mise a ridere e si asciugò il sudore col fazzoletto rosso. — Dovrebbero correre queste signorine, — disse, — sono piú leggere di noialtri.

Poi Nuto andò a suonare per la funzione della madonna. Si misero in fila davanti alla chiesa, la madonna usciva allora. Nuto ci strizzò l’occhio, sputò, si pulí con la mano e imboccò il clarino. Suonarono un pezzo che lo sentirono dal Mango.

A me piaceva su quello spiazzo, in mezzo ai platani, sentire la voce delle trombe e del clarino, vedere tutti che s’inginocchiavano, correvano, e la madonna uscire dondolando dal portone sulle spalle dei sacrestani. Poi uscirono i preti, i ragazzi col camiciolo, le vecchie, i signori, l’incenso, tutte quelle candele sotto il sole, i colori dei vestiti, le ragazze. Anche gli uomini e le donne dei banchi, quelli del torrone, del tirasegno, della giostra, tutti stavano a vedere, sotto i platani.

La madonna fece il giro dello spiazzo e qualcuno sparò i mortaretti. Vidi Irene bionda bionda che si turava le orecchie. Ero contento di averle portate io sul biroccio, di essere in festa con loro.

Andai un momento a raccogliere il fieno sotto il muso del cavallo, e mi fermai a guardare la nostra coperta, le sciarpe, il cestino.

Poi ci fu la corsa, e la musica suonò di nuovo mentre i cavalli scendevano sulla strada. Io con un occhio cercavo sempre il vestito a fiori e quello bianco, vedevo che parlavano e ridevano, cos’avrei dato per essere uno di quei giovanotti, e portarle anch’io a ballare.

La corsa passò due volte, in discesa e in salita, sotto i platani, e i cavalli facevano un rumore come la piena del Belbo; Laiolo lo portava un giovanotto che non conoscevo, stava chinato con la gobba e frustava da matto. Avevo vicino il Bizzarro che si mise a bestemmiare, poi gridò evviva quando un altro cavallo perse un


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