Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 2, Einaudi, 1961.djvu/86

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promisi soltanto che avrei cercato di persuadere Castelli a ritirare la domanda. Andai invece da Lucini e gli chiesi serio serio come andava la salute. Lucini capí e s’indignò. Disse subito che questi non erano tempi da stare in pantofole e che chi aveva fegato doveva compromettersi.

— Compromettersi come?

— Questa guerra, — mi disse, — non è stata capita. Siamo partiti con un regime ch’era marcio. Tutti tradivano e tradiscono. Ma la prova del fuoco ci vaglia. Stiamo vivendo una rivoluzione. Questa repubblica tardiva...

Non concluse gran che ma concluse. La sua idea era che i tempi stringevano, che bisognava prender parte alla battaglia e salvare la patria stando con quello dei contendenti che avrebbe fatta la rivoluzione e dettata la pace.

— Ma chi vincerà? — brontolai.

Mi guardò stupefatto e si strinse nelle spalle.

Accompagnai Castelli a casa, e gli descrissi le paure del preside. Mi ascoltava compunto. Gli parlai di Lucini e gli chiesi se avevano fatto insieme la domanda. — Tanto valeva, — gli dissi, — che un bel giorno tu smettessi di venire a scuola. A che ti serve far sapere a tutti quanti che sei stufo?

Gli serviva che aveva bisogno di quel mezzo stipendio. — Lucini, — mi disse, — non può chiedere l’aspettativa perché, quando uscisse lui dai ruoli, a chi potrebbe dar lezione? C’è ancora qualcuno che tiri di scherma?

Questa storia era sempre piú assurda. Gli spiegai che mai nessuno si sarebbe sognato di rinfacciarci che avessimo servito quel governo. — Tutti allora dovrebbero smettere, — dissi. — I tranvieri, i giudici, i postini. La vita si fermerebbe.

Lui pacato e testardo mi disse che ci voleva proprio questo. — Ma allora lascia lo stipendio. Sono quattrini del governo.

Scosse la testa e se ne andò. Tornai a casa agitato e scontento. Vidi la faccia delle donne, di Cate, se avessi fatto un gesto simile. Ma forse le sarebbe piaciuto. Anche all’Elvira sarebbe piaciuto, per un’altra ragione. Ecco, pensai tutta la sera, chi arrischia, chi agisce davvero, è cosí, non ci pensa. Come un ragazzo che si ammala e non sa di morire. Non si specchia in se stesso, non rinuncia nemmeno ai quattrini. Crede di fare il suo interesse come tutti, come un altro.


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