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La Colonia agricola di Giovanni Stella e la sua storia 13

parole: «Quel buon giovane piemontese non si dava pensiero di sè stesso, premuroso del bene di quei suoi popoli, avendo in conto di nulla i disagi della vita e la mancanza di tutto, ha continuato la sua missione con tanto vantaggio ed amore degli abitanti che egli è divenuto l’angiolo tutelare della missione. Iddio ti benedica, amico mio del cuore, e ti mantenga la virtù che basti a compiere i disegni di nostro Signore, il quale sarà tuo usbergo contro la mordacità di alcuni più pinzoccheri che santi1».

Perchè mentre il Sapeto, dopo quel viaggio, era ritornato indietro ed aveva cominciata la sua carriera di studioso e di diplomatico africano, il Padre Stella era rimasto fra i suoi negri a curar anime ed a vagheggiare i futuri esperimenti di colonizzazione che gli erano tanto cari. La vitalità di quell’uomo era tale che la attività di missionario non bastava a soddisfarlo; egli vedeva attorno a sè la terra bella e fiorente, la terra generosa che domandava soltanto di essere curata, si accorgeva quali vantaggi avrebbero potuto trarre dalla coltivazione di quel terreno uomini forti e volenterosi, non sdegnosi della vita solitaria, provati agli inevitabili primi disagi, pensò certo, come ne fa fede il documento che pubblichiamo, anche alla utilità che ne sarebbe ridondata al suo paese. E da questi concetti sorse poi, nel 1867, la colonia agricola.

Da Cheren lo Stella si era recato in Egitto, che allora raccoglieva gran gente venuta d’Italia come a territorio promettente d’emigrazione, e non gli fu difficile trovare associati al suo bel disegno e persuaderli a rischiar con lui tempo e denaro.

E qui occorre far punto e far posto alla relazione che uno dei suoi avventurati compagni fece della storia di questa colonia agricolo-commerciale. Storia rimasta finora dimenticata, e da me rintracciata alla biblioteca della Società Geografica, storia non completa, ma in ogni modo assai interessante e più particolareggiata dei brevi cenni che i libri ci danno2 di quella iniziativa italiana in Africa.

Giova ricordare che questa relazione non è che una parte di ciò che Arturo Issel, Odoardo Beccari e Giacomo Doria avevano raccolto intorno al Padre Stella. La lettera del Bonichi è soltanto una delle testimonianze raccolte, non tutte. Infatti Arturo Issel nel suo libro citato, parlando delle vessazioni subite dallo Stella, afferma «io ne fui consapevole soltanto al mio ritorno in patria, quando conobbi i

  1. Sapeto: Op. cit. pag. 183.
  2. Issel: Viaggio nel mar Rosso, e tra i Bogos, pag. 112, 142, 143.