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Proprio in quei giorni in cui era stato eletto il nuovo Papa, il Re Luigi Filippo, ponendo ad atto il suo divisamento, aveva conferito a Pellegrino Rossi il titolo di Conte e gliene aveva mandato la partecipazione, per cui, qualche romano spiritoso, riferendosi alla allocuzione che egli aveva indirizzata ai Cardinali, il 14 giugno, quando stavano per chiudersi in conclave e attribuendo la nomina di lui a Conte alla gratitudine del Re dei Francesi per la elezione del nuovo Papa, che pubblicamente si reputava di soddislWzione del governo francese, mise in giro il motto; Conte dello Spirito Santo, alludendo al conclave: il motto piacque e andò dattorno e divenne popolare1.

Il nuovo Pontefice, come è noto, esordi con la concessione di una amnistia politica, largita in data del 16 e pubblicata il 17 luglio 1846, un mese appunto dopo la elezione di lui. Quell’atto di perdono, che restituiva al rappresentante di Cristo in terra il suo carattere di pace e di carità, quell’atto, che palesava nel nuovo Principe dello stato romano, l’atteso, l’invocato, il desiderato Sovrano, determinato a riconciliare le irritate e infelici popolazioni di quello stato col loro oppressivo governo, quell’atto, che apriva le porte delle galere a quasi mille sventurati e schiudeva le vie del ritorno in patria a più di mille esuli viventi raminghi per l’Europa, gli uni e gli altri rei soltanto di aver pensato ed operato per la rigenerazione d’Italia, quell’atto trasse ad uno scoppio indicibile di entusiasmo, prima la popolazione di Roma, poi quelle dello stato, poi quelle di tutta Italia, poi quelle di tutta Europa. Perchè dunque tanto entusiasmo? Che di straordinario conteneva io sè quell’atto? Era forse la prima amnistia che venisse accordata quella concessa ai condannati politici romani da Pio IX? E che importava e che doveva importare agli Irlandesi, per esempio, ai Polacchi, agli Ungheresi, che doveva importare all’opinione pubblica europea di pochi prigionieri e profughi italiani?...

Ciò che non vedono, o non vogliono vedere molti degli storici che hanno scritto su quel grande rivolgimento del triennio 1846-49, è appunto la segreta e implicita importanza, l’impor-

  1. Nicomede Bianchi, Storia della diplomazia europea, già citata, vol. V, cap. I, pag. 9.