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capitolo quinto 273

contro il Conte Rossi: e il Rosalbi e i suoi agenti avevano notato che le parole erano, da per tutto, parole di fuoco.

Ma ciò che aveva assolutamente messo in grande orgasmo il Rosalbi erano state le parole tronche e minacciose udite in alcuni gruppi di reduci di Vicenza, tutti indossanti la loro divisa panuntella1 e la loro daga. Alcuni di costoro, concitatissimi, dicevano che era tempo di farla finita con questo scellerato del Rossi, e pronunciavano parole terribili di minaccia, che facevano presagire qualche brutto eccesso. Allora il Rosalbi, sgomento, lasciando gli altri agenti sotto gli ordini del Volponi, sulla piazza, era corso alla direzione di polizia, al palazzo Madama, a prevenir di tutto il cavaliere Rufini2, e questi era andato alla Consulta a informarne il ministro Rossi.

«Il Rossi» — è il Rufini che parla — «rimase molto perplesso e sospirando disse: "Che si fa?... Bisogna andare. Poi mi ordinò di chiamare il Calderari, di informarlo di tutto ciò che avevo a lui riferito e di ingiungergli, in suo nome, di mettere in moto i carabinieri, che, per ordine suo, teneva riuniti al palazzo Borromeo, o guidarli sulle piazze per imporre, e per reprimere i disordini che si tentassero».

Il Rufini continua a narrare come egli tornasse subito al palazzo Madama e come mandasse subito a chiamare il Colonnello Calderari, il quale trovavasi al palazzo Borromeo e che andò, immediatamente, al palazzo Madama. E avuti dal Rufini gli ordini del ministro disse: «Vado subito». E partì3.

Ma, intanto, che cosa era avvenuto? che di tempo ne era passato parecchio: quando il Rufini giunse alla Consulta saranno state quasi le undici; quando ne usci circa le undici e

  1. L’uniforme estiva indossata, nel luglio del 1848, dai legionari romani, che tornavano da Vicenza, consisteva in una tunichetta molto succinta e in un paio di pantaloni di un tessuto turchiniccio con trame intercalate qua e là di fili bianchi. I legionari avevano in testa un berretto militare di incerata nera, e al fianco un centurino con la daga. Portavano quasi tutti a sinistra, sul petto, la coccarda bianca, rossa e verde. Io che scrivo, quantunque allora fossi fanciullo, ricordo benissimo quella assisa, la quale per essere di roba sottile, presto si squalcì, e con il frequente indossarla si insudiciò, onde i popolani romani, sempre spiritosi, la chiamarono la panutella.
  2. Dal Processo di tesa maestà cit, deposizione Rosalbi, foglio 3435 a 38444.
  3. Dal Processo cit, deposizione Rufini, foglio 4040 a 4062.