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navigazione, la scienza stessa, l’astronomia non è che la conoscenza della verità relativamente a un certo ordine di fatti»1.

La prima lode attribuita al Rossi, in questa condizione di cose, da parecchi valorosi economisti che giudicarono dell’opera sua, fu questa: in mezzo a quelle tendenze morbose, in mezzo a quelle popolari esagerazioni utopistiche egli non vacillò, non si lasciò abbacinare l’intelletto dall’effimero luccichio di quelle fallaci teorie, non si lasciò sedurre dal desiderio dei plausi volgari, stette saldo e camminò diritto nel campo della scienza.

«Nè grida, nè clamori ebbero effetto su di lui» - nota il Reybaud: - «seguì la sua via, riprese la scienza dove l’avevano lasciata i suoi predecessori, esaminò le dottrine dello Smith, del Ricardo, del Malthus, del Say, e le discusse liberamente da padrone e da maestro. Respingere gli eccessi dei nuovi economisti, nulla accettare dai suoi predecessori senza verificazione, ecco il suo merito». E, appresso, lo stesso scrittore osserva che «le teorie dello Smith e del Ricardo hanno preso, passando per la sua penna, una forza e un’autorità che non avevano che in germe: il signor Rossi, spiegandole, le rettifica e le amplia. Avrebbe potuto - e nessuno meglio di lui - sottoporre ad un esame più severo le dottrine dei predecessori e imprimere nella scienza economica una impronta di originalità, che non volle dare per prudenza e per discrezione, temendo in ciò un pericolo per le dottrine verificate. In mezzo alle eccentricità e agli eccessi degli altri preferì l’ubbidienza alle vere teorie scientifiche e antepose di restare soldato, quando tutti pretendevano essere generali»2. «L’economia politica, lo diciamo francamente» — scrive lo Cherbuliez — «aveva bisogno d’essere rilevata in Francia da un tale libro, perchè essa era caduta, dopo la morte di Giambattista Say, in tale discredito donde le produzioni dei signori Dutens, Alban de Villeneuve, Blanqui e di altri non erano atte a rialzarla»3.


  1. Pellegrino Rossi, Cours d’économie politique, 4eme edition, Paris, librairie de Guillaumiin et Cie 1865, tome Iere, deuxième leçon, pag. 28.
  2. L. Reybaud, art cit. In questo giudizio, dal più al meno, concordano pure H. Baudrillart, A. De Ruoglie e G. De Puynode negli articoli citati.
  3. A. E. Cherbuliez nell’articolo citato della Bibliotheque Universelle del 1840.