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la ginestra 103

in sulle ore estreme, quando essi non sono atti a nuocere„, e spaventano i buoni e i timidi, non gli altri. Egli aveva detto che non tali sospetti di pene e di calamità future, ma “le buone leggi, e più la educazione buona, e la coltura dei costumi e delle menti, conservano nella società degli uomini la giustizia e la mansuetudine„. Egli aveva negato insomma che dalle credenze religiose derivasse alcun frutto di virtù per gli uomini, affermando che non ne deriva se non una maggiore infelicità per quelli che trovando insopportabile la vita, avessero voluto cambiarla con la morte.

Troppo più egli dice nella Ginestra, nella quale riassume e compie, e in parte, direi, corregge tutti i suoi principii sparsi nei canti e nelle operette morali. Egli proclama che nella sua filosofia è un principio sul quale può edificarsi un inconcusso sistema di morale; e questo principio è la coscienza della nostra bassezza e fralezza.

Ecco la luce. E il poeta del dolore, il filosofo del nulla, parla ora come un sacerdote: il sacerdote, per così dire, della irreligione.



XII.


Egli aveva detto: Uomini, felice la greggia che giace placidamente al lume della luna! Essa non sa la sua miseria, non sa di dover morire. Voi sì lo sapete, o mortali.

Egli aveva detto: “Laddove tutti gli altri animali muoiono senza timore alcuno, la quiete e la sicurtà