Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/81

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il sabato 69

19: “voglio piuttosto essere infelice che piccolo„? Questo voto, povero Giacomo, si adempiè. Ora come in lui, ancora fanciullo, fu coltivato il funesto desiderio che dissi? Già, il padre era stato da fanciullo (e continuò sempre a essere) animato dal medesimo sentimento. Egli dice di sè, tra molte altre note che se ne potrebbero riferire: “È singolare però che io nutrivo brama ardentissima di sapere, e che allettato pochissimo dai trattenimenti puerili leggevo sempre e più ostinatamente quelle cose che meno intendevo, per avere la gloria di averle intese„. E poi: “Mi sono rassegnato a vivere e morire senza essere dotto, quantunque di esserlo avessi nudrita cupidissima voglia„. E la cupidissima voglia si trasfuse in Giacomo che “dai 13 anni ai 17„ scrisse da sei a sette tomi non piccoli sopra di cose erudite, come dice egli stesso, aggiungendo: “la qual fatica appunto è quella che mi ha rovinato„; e in altro luogo afferma d’essersi rovinato con sette anni di studio matto e disperatissimo; e si sa che studiava sino a tardissima notte, ginocchioni avanti il tavolino, per poter scrivere fino all’ultimo guizzo del lume morente. Eppure, a differenza del padre, da fanciullo era allettato dai trattenimenti puerili: dal che si deve dedurre, che del disperatissimo studio suggerito dallo smoderato desiderio di gloria, fosse, almeno in parte, causa l’educazione stessa che riceveva dal padre. Il quale nel 1801, per dirne una, aveva eretto in casa sua un’acccademia poetica, che vi durò tre o quattro anni, e poi perì, quando non ebbe più la sua “casa paterna„. Perchè Monaldo l’aveva eretta? Perchè “queste accademie sono un piccolo teatro in cui si può fare una qualche pompa di ingegno comodamente