Pagina:Percoto - Sotto l'Austria nel Friuli, 1918.djvu/100

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mento, con un voto che al dire di Fuffer è il premio più grande che possa dare una civile società agli autori di queste orribili stragi. Io non ho passato il Tagliamento; non ho portato i miei passi fuori del circondario che per cinque o sei miglia; non vedo che la prima orma, stampata sul suolo italiano da questo esercito, che è andato sempre innanzi con un crescendo spaventoso sino a Milano, sino alla frontiera elvetica. Il gemito di quattro milioni di abitanti conculcati dalla forza brutale è giunto fino a quest’ultimo lembo del Friuli e si unisce al nostro pianto. La verità di ciò che ci sta sotto gli occhi può bene farci credere anche quei fatti di cui non fummo testimoni; ma io non voglio parlare di ciò che qui potrebbe essere in qualche modo esagerato. Fra le sventure della mia patria queste sono le minime. Il Friuli non ha patito nemmeno la centesima parte di quanto han patito Treviso, Vicenza, Milano, ed io parlerò solo di questa centesima parte. Qui era un villaggio abitato quasi esclusivamente da contadini, la maggior parte proprietari del campicello che coltivavano e della casuccia ora distrutta. Riflettendo alla lingua che parlavano, alla loro posizione geografica, alla loro indole e più di tutto a quell’intimo sentimento che Dio stampa nel cuore di ogni popolo, sentivano d’essere italiani e si dichiaravano italiani ad onta di un potentissimo esercito austriaco stanziato a meno di un tiro di balestra dal loro confine. Questa fu l’unica loro colpa. Inermi e fidenti nell’innocenza della loro confessione, essi guardavano senza paura le numerose baionette del conte Nugent, di quello stesso conte che ora in Ungheria con crudele e sanguinosa protesta ha dichiarato al colonnello Blomberg di voler sostenere la naziona-