Pagina:Percoto - Sotto l'Austria nel Friuli, 1918.djvu/60

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ma ebbe agitato il sonno, e sognò di essere vestita a lutto come quando le era mancata la madre, e che un velo nero le coprisse la fronte e discendesse ai piedi. Le pareva di essere seduta, come al solito, in riva al torrente, ma quelle acque aveano cangiato colore: erano fosche e scorrevano in tanta copia, ch’ella pensò si fosse tutto ad un tratto liquefatta la neve dei monti.

Guardò; ma i monti erano spariti, e al loro posto s’allargava una campagna senza limiti, il cui lontano orizzonte si perdeva nella nebbia. Allora non riconosceva quel punto: le pareva d’essere trasportata in un deserto, dove a confine del creato scorresse quel volume di acque nerastre. Guardava atterrita intorno e non scorgeva che ghiacciaie interminabili, terra arida, campagne desolate. Solo dalla parte di Mezzogiorno vedeva in lontananza una specie di giardino i cui alberi fioriti mostravano i più vaghi colori; ma ecco levarsi un vento impetuoso e agitare quegli alberi e giungere fino a lei a scomporle i capelli, a sbatterle le vesti. E quella bufera andava sempre aumentando: fasci di fiori schiantati, avvolti in turbini di sabbia, venivano spinti verso la corrente del nero fiume. Il rùgghio della procella era divenuto tremendo; pareva il tonare d’innumerevoli artiglierie; pareva il grido d’infinite migliaia di morenti. Il giardino era devastato, gli alberi a guisa di scheletri torcevano le braccia denudate, il fiume era tutto coperto delle loro spoglie. Come quando fiocca la neve, o quando in primavera si sciamano le api, così spesse e agglomerate in vortici di sabbia passavano all’altra sponda; passavano continuamente e sempre più a lei dappresso, e il sibilo che mettevano pareva un lamento d’infinite voci umane. Allora il sogno le