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          L’innocente Clarissa, e rispondea
          L’eco dai ripercossi antri Clarissa1


Una gita lungo le ville di Povo e Villazzano.


        Al margine superiore di Piazza d’Armi si costeggia per comoda via il lembo inferiore de’ colli, e dolcemente poggiando s’imbocca nella valletta del Fersina. Per poco messi dentro nella gola, tosto si presenta il ponte Carlo Lodovico, che con ardita e leggiera arcata sorvola al burrone del torrente. Folte macchie, e rovinosi dirupi alternati a campi che vestono i clivi del monte, il romoreggiare dell’acqua che rompe fra sasso e sasso, qualche uccelletto che canta nascosto nell’ombra del bosco, rendono romanzesca la scena che vi circonda.

Varcato il ponte, dopo breve salita appare la villa dei conti Saracini. Una larga spianata divisa da un viale messo a campo, un ridente giardino ed un boschetto inglese alla cui base trovasi una peschiera, belle aiuole e spalliere, lunghi filari d’alberi, sentieri intralciati frondosi aggirevoli rendono piacevole la postura dell’edificio di varia e appariscente costruzione. Nella sala

  1. A chi non è nota la Clarissa di Richardson? Lovello il seduttore e amante di questa infelice creatura errava di terra in terra ramingo fuggendo la disperazione e il rimorso d’averle affrettata la fine. E lo perseguitava desioso della vendetta il Tutore di lei che raggiuntolo a Trento lo sfidò a duello. Fu scelta per luogo dell’azione una romita valle non molto discosta da Trento, sulla via che da questa città conduce il forestiere alle terre di Venezia. Si può quindi con qualche fondamento congetturare che la situazione indicata da Richardson sia la medesima ch’io venni nel mio carme accennando. In questa valletta Lovello moria per mano del suo avversario, ed espiava col sangue i trasporti d’una cieca passione. (vedi La Clarisse. Tom. XII.)

    (Nota di Tommaso Gar)