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Tante grazie a Orfeo e al suo flauto magico, e nonostante che il passaggio di quello stretto sia difficile, pure il nostro bastimento è entrato sano e salvo nelle acque tranquille del Bosforo.

Un numero immenso di delfini lo circondano. Essi saltano fuori dell’acqua cercando di attirare la nostra attenzione, e ci guardano con occhio di desiderio.

Signori delfini, vi conosciamo, non dubitate! Abbiamo letto le vostre lodi in poesia e in prosa, vi abbiamo veduti nei quadri, nelle incisioni e nei bassorilievi vogare tranquillamente sulle onde azzurre del mare, circondati di sirene e con piccoli tritoni sul dorso. In quei quadri mitologici facevano fare la parte di cavalli, che non fate in realtà. Ma se poteste parlare, voi, delfini del Bosforo, ci narrereste forse di terribili banchetti fatti sul corpo di turchi e di giours, dì ministri e di schiavi, di sfortunati e di colpevoli, che messi nei sacchi, erano gettati in mare e non si sentiva più parlare di loro.

I delfini hanno ragione di credersi trascurati, ed è per questo che ci guardano con occhi pieni di cupidigia. Forse essi ci dicono nel loro linguaggio: «I tempi sono cattivissimi. Non troviamo da lavorare, e siamo affamati. Via, buttate qualcuno in mare.»

No, signori delfini. Il tempo in cui nel Bosforo si commettevano tante barbarie è passato, e si spera che non ritorni più. Fateci il piacere, allontanatevi dal nostro bastimento; avete certi occhi, certi occhi così poco rassicuranti....

Navighiamo nel Bosforo, il quale si dice abbia il suo nome da «Io» che fu trasformata dalla collerica Giunone in una vacca, e saltò nell’acqua e traversò a nuoto lo stretto per sfuggire alle punture dei tafani. Bosforo vuol dire «guado