Pagina:Perodi - I bambini delle diverse nazioni, Firenze, Bemporad, 1890.djvu/114

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si vede una strana immobilità d’espressione. Anche il piccolo pasha zad (figlio di pascià) pare che abbia cinquanta anni che gli pesino sulle spalle, e risponde ai profondi saluti con la gravezza di un vecchio.

Sentite che allegre voci di bambini! Che sollievo! Noi guardiamo intorno, e si vede approssimarsi un gaio corteggio. Molti ragazzi in branco scortano un compagno, uno di loro, che va per la prima volta a scuola. Il bambino è montato su un cavallo o su un asino, e in quella occasione i suoi amici smettono la consueta gravità e cantano e gridano nello scortarlo.

In generale, le scuole sono costruite vicino alle moschee, e dentro vi regna la massima semplicità.

Una tavola nera pende dal soffitto, al quale è fissata da corde fatte con le fibre delle palme; una tavola sostiene i libri e le penne, una i boccali per l’acqua, una il tschibuck (pipa) del maestro e il servito per il caffè. Nel centro della stanza c’è una stuoia, un divano appoggiato al muro, forse una sfera, e in ciò consiste tutta la mobilia.

Il mollah (uomo che insegna) è vestito di una lunga tunica bianca, porta un turbante verde in testa, e sta seduto con le gambe incrociate sulla stuoia o sul divano; i ragazzi, pure con le gambe incrociate, formano attorno a lui un semicircolo, e mentre studiano, fanno un movimento continuo, spingendo il corpo avanti e indietro. Essi credono che quel movimento aiuti la memoria. Tutti studiano a voce alta e insieme, cosicchè il rumore si sente a grande distanza.

Il maestro ha in mano un lungo bastone di palma, per potere, di tanto in tanto, dare ai suoi alunni un leggiero avvertimento senza alzarsi, altrimenti il rumore sarebbe assordante.