Pagina:Pertusati Teodoro Della scienza e di Cesare Beccaria 1870.djvu/40

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vano il poco valsente con cui soccorrere agli infelici che gemono nelle carceri. Quindi è che le prigioni sono tugurii o, a dirla con Beccaria, caverne, non aria, non luce, non moto sufficiente, i rei accatastati cogli accusati, i nuovi delinquenti chiusi in un sol carcere co’ più tristi ed inveterati violatori delle leggi, onde l’immoralità aumenta, con essa i delitti, con questi il numero de’ carcerati ed il danno1. Chiediamocelo nel nome santo dell’eterna verità: abbiamo noi diritto di chiudere in uno di cotali antri per mesi e talora per anni un cittadino che la giustizia non ha ancora condannato, che forse è innocente? E la società non vien forse meno nell’adempimento di un sacro dovere allorché non provvede in ogni miglior modo che la pena guidi all’emenda, e non sia all’incontro cagione di pervertimento maggiore? Oh quanto mi sarebbe caro, ottimi giovani, se potessi dirvi almeno: la città vostra dotta, civile, pietosa raccoglie lo sciagurato che ha offeso la legge, come impone la ragione! Non è così. So, e ne vado lieto, che le autorità preposte al Governo della Provincia attendono con assidue cure alle carceri, ed invocano savie riforme; so con quanta diligenza e quanto amore molti scrivessero di tale argomento: mi è noto che alcuni pietosi accolgono con benigna sollecitudine i lagni spesso non ingiusti de’ carcerati, e li confortano come meglio sanno e possono. Dio benedica a quei buoni,

  1. Leggi: Prigioni e prigionieri nel Regno d’Italia del Dep. Bellazzi. Firenze 1866.