Pagina:Pertusati Teodoro Della scienza e di Cesare Beccaria 1870.djvu/8

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-fico del diritto, niun tentativo di ricerca che avesse per obbietto le ragioni del viver sociale. Stavansi contenti ai commenti del Digesto e delle Pandette: il grave fardello del giure romano si era accresciuto di Capitolari, di Statuti, di Consuetudini, di Decretali, diverse in ciascun paese, conformi alla ragione de’ tempi meglio che a’ principî eterni del diritto. Massimo monumento della sapienza legislativa del Medio Evo ci rimase il giure ecclesiastico.

La giurisprudenza criminale non era dalla civile distinta, ond’è anche qui la stessa strana miscela dell’antico e del nuovo, del romano e del barbarico e del cristiano. Niun servigio rese adunque il Medio Evo alla legislazione? Non ardiremmo asserirlo; esso segna un’epoca necessaria nella storia del pensiero. Infatti mal reggerebbe il dominio della ragione nell’età nostra, se potenze del sentimento e dell’immaginazione non si fossero dimostrate insufficienti.

Ed ecco il pensiero umano volgere ormai a più glorioso cammino: si palesa dapprima un indistinto bisogno, come un’inquietezza di novità: poscia la ragione, per lunga servitù prostrata, si eleva, rompe i ceppi che l’ebbero avvinta, e nel nome della libertà addita una nuova via alla scienza. Sommo riformatore è Cartesio, che a torto Gioberti nostro, tratto da amore di sistema, ebbe in conto di filosofo meno che mediocre1. Agli imprudentissimi affermatori egli con-

  1. Introd. allo studio della Fil. V. II L. I. C. 3.