Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/130

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t , 120 nelle Tusculané, nel terzo dei trattenimeiHi con Bruto. P. — Non ti dovrebbe essere ignoto che io lessi, e attentamente, questi libri.

  • A. — Nè ti giovarono punto.

P. — Moltissimo, fintantoché li teneva tra mano ; ma non appena li poneva m disparte, eccomi r uomo di prima. < A. — Costume è questo che tu hai comune con quanti leggono. Da che ne deriva quella brutta sconcezza, del vedersi ai fiai*- éhi tutto dì torme di letterati uomini, i quali mentre qui e colà errabondi, non rifiniscono inai dal disputare intorno all’arte del vivere, non sanno porre ad effetto le dottrine che insegnano-. Ora, a legger bene, vuoisi che tu apponga, a certi luoghi, opportune postille. P. — Di che postille mi parli? " * A. — Quando nel leggere ti cadano sottocchio salutari sentenze che, o ti commovano l’animo, o lo correggano, non fidarti alla prontezza dell’ingegno, ma si fa di scolpirle ne’più chiusi recessi della memoria, affinchè, dal ruminarle entro a le, ti si rendano* famigliarl. E ne avverrà che tu, a guisa dei medici, abbia scritto come a dire nelFanimo il rimedio * acconcio alla circostanza od — al luogo, ogni qualvolta una od altra infermità all*improvviso t’assalga. Perchè, siccome negli umani corpi, cosi y’hannò nel*