Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/163

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. «y non appena dilegua, che le tenebre novella- mente ti accerchiano} un suo cangiar di sembiante basta a rattristarti, e lieto diventi ovvero mesto, secondo che ella ti si dimostrar cosi vivi schiavo all’arbitrio 'di lei! E sai ch’io parlo vere parole, e conosciute anche al volgo. Poi, non contento a tenerti sempre vicina al cuore la cagione di tante sciagure, t'adoperasti ad averne Timagine di mano d'eccellente’ artefice ; affinchè col portarla teco attorno dovunque, non mai s’ina- ridisse la sorgente, siccome temevi, delle immortali tue lagrime j perciò in ogni cosa uhe potesse riguardar lei ti mostravi attentissimo, trascurato a bella pòsta nelle altre. Ma j a toccare il colmo de* tuoi delirìi e venire a ciò^di Cui poco fati parlava; vi sarà mai chi giunga a descrivere a sufficienza l’insania del travolto tuo senno? per cui, chiarendoti adoratore non solo della leggiadria di sua persona, ma sin anche del nome, con incredibile vanità, tutto che potesse ri- svegliaYtene il’pensiero* avesti in reverenza. Quindi sin à9allora cotanto amasti il lauro di cui s* incorona no i Cesari ed i poeti,'sol perchè ella cosi si chiamata, nè mai quasi t’usci verso, ove iion ne facessi menzione, non altrimenti che fossi divenuto abitante delle sponde del Peneo o sacerdote delle cime di Cirra. Finalmente, siccome non t’era dato di aspirare alla corona dei Cesari, con noti*