Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/168

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1 58 .parecchi e poveri ruscelli; cosi tura schiera* non bene rannodata dal nemico agevolmente* ri sfonda , e un incendio qui e colà disperso presto s’estìnguer in una parola; siccome 1a: fotti congiunta s'accresce, cosi sperperata minora. Perchè molto é a temere che, mentre ti sottraggi dal giogo df una passione so!a; e ftobile, se pure è lecito di tàl guisa qua^ liticarla,- più altre ne aecogKy e di amante dp un* unica dònna, diventi domo d’instabili’ ed errabóndi amori. Io poi stimo* che, ove* deggiasi inevitabilmente morire, è un qualche confortò finirla di morbo non ¡schifoso:. Or mi domandi come si possa da te prov^ vedere a’tuoi mali?' Rinvigorisci* l’animcrab* battuto e fuggi: via-, se ti è concesso; qtfai** do no, io non dissento che tu passi d*un* carcere nell’altro*, perchè forse in ciò** irta« riposta la speranza della libertà o d’un ina*- pero più mite. Ma disapprovo che tratto ài una serviti! obbrobriosa, con infinita vicenda, ti sottoponga ad altra di simil tempera. P. — Consenti tu che di mezizo al perorare del medico, il malato, conoscente del* morbo che Io travaglia, aggiunga una qualche' parola? . ** •• A.—Di assai buon grado ; perchè^dai discorsi dell" infermo si tragge indizio-à suggerire i più opportuni rimedii. ' f P. Sappi adunque che io non jtosaer' amare altra cosa all'infuori di questa* U